sabato 1 dicembre 2007

Intervista a Miriam Zanetti (Amministratore Delegato della Aliberti Editore)



CdO: Ciao Miriam. Innanzitutto congratulazioni per il passaggio da capo-ufficio stampa ad amministratore delegato della Aliberti Editore. Dovremo aspettarci delle novità in merito alle scelte editoriali della casa editrice d’ora in poi?

MZ: Ti ringrazio.
No, per quanto riguarda le scelte editoriali, continuano a rimanere in capo all’editore, Francesco Aliberti, al direttore editoriale Alessandro Di Nuzzo, e ai vari e preziosissimi direttori di collana, che instancabilmente continuano a proporci titoli fra i quali vengono scelte le novità da inserire a catalogo.
Il mio lavoro non ha mai riguardato la scelta dei titoli; io contatto e chiudo i contratti con gli autori una volta che sono stati scelti e riprendo in mano i titoli in prossimità della loro uscita in libreria per il lancio stampa. Questo, insieme alle nuove incombenze legate alla gestione amministrativa, continuerà ad essere il mio lavoro. E’ ovvio che, subentrate nuove mansioni, aumenterà il numero dei collaboratori destinati all’ufficio stampa.

CdO: Che idea hai del mercato editoriale italiano?

MZ: Credo sia un mercato, come dire, “intasato”.
Escono novità in continuazione, la vita media di un libro si è notevolmente abbassata, i generi letterari sono sempre più “ibridi”.
Ho la sensazione, ma è un parere assolutamente personale, che il lettore sia più disorientato rispetto a un tempo nella scelta del libro da comprare e da leggere.Ed è per questo che il mestiere di editore è diventato più difficile, le richieste del mercato sono sempre più differenziate. Forse in questo sta il successo della nostra casa editrice, generalista per indole, e che risponde al mercato con offerte che vanno dal giornalismo investigativo e di inchiesta, alla narrativa, alla satira politica, alla saggistica, alla musica e spettacolo. Siamo, insomma, riusciti a creare nicchie diverse di lettori.

CdO: Con collane come “Due thriller per due autori” e “I nuovi gialli” e con la pubblicazione di romanzi “strani” come lo stupendo ‘Diario Inferno’ di Alessandro Montanini avete dimostrato di credere nelle potenzialità di generi un po’ “di nicchia” come il noir e l’horror italiani. Avete mai pensato di dedicare una collana, o almeno di pubblicare qualche romanzo italiano di horror puro, senza contaminazioni di altri generi?

MZ: Non credo che per il momento fra i progetti editoriali della Aliberti ci sia quello di creare una collana di horror puro, ma il mestiere dell’editore è comunque quello di esplorare in continuazione nuove potenzialità e di rispondere quanto prima alle esigenze dei lettori e del mercato. Quindi non posso escluderlo completamente, anche se per ora non è in cantiere nulla del genere.

CdO: È idea comune che in Italia vi siano molti più scrittori che lettori, in proporzioni assurde! I manoscritti che arrivano in esame a voi li valutate accuratamente o non li considerate e puntate direttamente sui cosiddetti “cavalli vincenti”? E nel caso valutaste anche esordienti, con quali modalità lo fate?

MZ: E’ ovvio che vengono esaminati anche i manoscritti di esordienti.
C’è un comitato di lettura che fa questo.
Certo, è impossibile leggere da cima a fondo tutti i manoscritti che arrivano, ma le sinossi dei testi e gli indici degli argomenti, che gli aspiranti scrittori solitamente allegano al manoscritto che ci inviano, aiutano moltissimo in una prima “scrematura” dei testi, per scegliere quelli che in qualche modo possano essere compatibili con la nostra linea editoriale.

CdO: Quali sono gli errori più gravi che compie chi si presenta a voi aspirando alla pubblicazione?

MZ: Quello di inviare un testo corposo senza un minimo di presentazione, un indice, un sommario, qualcosa che aiuti chi lo prende in mano a capire fin da subito di cosa si sta parlando.
Quello di pretendere una risposta immediata, che per i motivi che ho detto sopra, per correttezza non può essere data.
Capita che chi ci invia un manoscritto telefoni due giorni dopo averlo spedito per chiedere se lo abbiamo già letto e pretendendo una risposta entro pochi giorni; in questi casi, siamo costretti, proprio perché l’iter di lettura e scelta dei testi è lungo, a rispondere consigliando di rivolgersi ad un’altra casa editrice.
Un altro errore frequente è quello di inviare, tutti insieme, una serie di scritti e opere completamente differenti uno dall’altro, poesie, narrativa, un testo di saggistica: questo disorienta chi deve esaminare il materiale, e porta inesorabilmente a pensare che la persona che ha scritto queste cose sia alla ricerca di una propria “dimensione” letteraria, percorrendo disordinatamente percorsi troppo diversi l’uno dall’altro.

CdO: Quante volte capita che qualcuno si proponga SENZA NEPPURE MAI aver letto un vostro libro o senza conoscere le vostre collane?

MZ: Sempre più raramente. Chi si propone comunque è quasi sempre perché ha visto qualcuno dei nostri libri, o si è innamorato di una delle nostre collane.
Ultimamente, proprio perché le nostre collane stanno assumendo identità sempre più precise e delineate, capita che chi ci propone un manoscritto o una idea editoriale lo faccia suggerendo già la collana nella quale vorrebbe fosse inserito.

CdO: Un consiglio fondamentale per gli aspiranti scrittori?

MZ: Non demordere, ovviamente.
Avere fiducia in se stessi e nelle proprie capacità.
Non arrendersi al primo rifiuto, che a volte può essere costruttivo, e usare le motivazioni che hanno spinto un editore a rifiutare un testo come input per cercare di creare qualcosa di meglio.
E diffidare, diffidare di chi promette cose troppo facili.


L'uomo cannone (di Piero Colaprico, Ed. Ambiente


Titolo L'uomo cannone
Autore Colaprico Piero
Prezzo € 10,00
Dati 172 p., brossura
Anno 2007
Editore Edizioni Ambiente
Collana Verdenero. Storie di ecomafia
Genere Gialli-horror-noir

L’Inter ha appena vinto lo scudetto e i tifosi si sono già riversati per le strade della Città di M. a festeggiare, mentre alcuni ingrugniti poliziotti sono costretti a starsene rinchiusi in una stanza della Sezione Omicidi della Questura di via Fatebenefratelli, assieme a uno strano personaggio che è stato appena arrestato.
Era stato ritrovato con gli abiti completamente imbrattati di sangue, alla guida di una Jaguar intestata a una potente multinazionale, con una carabina calibro 20 sotto il sedile e nessuna voglia di parlare, se non per sparare frasi pseudo-mistiche senza senso.
Gli incazzatissimi poliziotti sono l’ispettore Bagni e i suoi collaboratori Andy (copia sbiadita dell’attore Andy Garcia), l’ispettore Cinerino e Ombra (durissima poliziotta napoletana, già in forze all’Antiterrorismo).
Per quanto violento, l’interrogatorio non sembra approdare a nulla, tranne portare a conoscenza, quasi per caso, che l’uomo “sotto torchio” è Fausto Giarletti, magnate internazionale, co-proprietario, insieme al fratello Giangiacomo, della multinazionale Klauspryde, che tratta generi alimentari, farmaci, moda ed edilizia.
Il prigioniero sembra prendersi gioco dei poliziotti, continua a dichiararsi innocente del sangue che ha addosso (e che, si scoprirà, appartiene a una giovane donna di colore, orrendamente massacrata nel proprio appartamento) e insiste a parlare, come un disco rotto, di un fantomatico Diavolo che avrebbe avvelenato il terreno della sua sontuosa cascina.
Giarletti sembra emozionarsi solo quando si fa riferimento a un extra-comunitario che, qualche giorno prima, è stato brutalmente ammazzato in un phone center.
Il gioco si complica ulteriormente quando entrano in scena Giangiacomo Giarletti e, soprattutto, Masapollo, ex dirigente dell’Uffico Politico ai tempi del sequestro Moro, ex questore, ex prefetto, ora responsabile della sicurezza della Klauspryde.
Salta fuori un video segretissimo che da il via a una sarabanda di nefandezze, tra sparatorie sanguinosissime e vendette private, manovre occulte tra potenti organizzazioni mafiose, Governi senza scrupoli e Servizi deviati, mezze verità e una missione segreta in Somalia (coperta dalla CIA e appoggiata dalla Delta Force) che porterà a profilarsi sull’orizzonte uno dei più orrendi spettri originati dalla coscienza dell’uomo: il traffico e lo smaltimento illegale di rifiuti radioattivi...
Piero Colaprico, giallista di spessore nel panorama editoriale italiano, coniatore del termine “tangentopoli”, con “L’uomo cannone” trasforma talentuosamente in giallo a fosche tinte noir un’altra delle innumerevoli denunce di Legambiente verso la cosiddetta ecomafia, portando avanti, così, una delle collane editoriali più geniali che siano mai state realizzate, l’ormai notissima VERDENERO: volumetti da leggere attentamente e meditare a lungo, molto a lungo...