domenica 21 novembre 2010

IL DIACONO (di Andrea G. Colombo - Ed. Gargoyle Books)


Formato: Brossura
ISBN: 978-88-89541-47-0
Pagine: 488
Pubblicato: Ottobre 2010

Un cielo un po' più dubbioso del solito. Una voce insinuante. Una voce come mille voci. Un mormorio assordante, come il grido di mille anime torturate: Lei sta arrivando.
In un monastero umbro è raccolto uno degli ordini ecclesiastici più controversi della Cristianità: l'ordine dei Celati. Trentatré monaci esorcisti la cui ferrea regola non permette di scoprire neanche il volto. Ammantati in un grigio saio. Ai piedi pesanti scarponi. La vita stretta da una catena. Un semplice crocifisso di ferro come arma.
“Hominis conspectum celati, nudi sub Dei oculis”.
Santa Romana Chiesa non potrebbe pretendere di meglio. Trentatré guerrieri della Fede, pronti ad estirpare il maligno dai corpi con una forza mai vista.
Fra di loro ce n'è uno senza nome, senza storia. Vestito di un saio nero come il baratro. Tutti lo chiamano “il Diacono” ed è, forse, il miglior esorcista apparso sulla terra dopo Gesù Cristo, ma il suo passato ha troppe ombre per non destare un po' di inquietudine.
All'improvviso succede qualcosa. In sordina. Ma che inizia a proliferare come un tumore. Gli esorcismi diventano sempre più difficili fino a perdere di efficacia, alcune chiese iniziano a bruciare, un numero crescente di esorcisti muore in circostanze singolari.
Una bomba esplode negli appartamenti papali.
Pochi capiscono che il mondo non è più lo stesso. Ancora meno persone iniziano a sentirla arrivare. Lei, N'Talha Jeza, La Divoratrice; avanza lenta e inesorabile in un delirio di carne e sangue in cui tutti i pezzi si incastreranno alla perfezione fino a condurre alla Rivelazione ultima: l'Armageddon.
Tutti noi siamo porte. Porte attraverso cui forze più grandi di noi possono agire. Tutti possono ospitare il maligno, ed è proprio questo a rendere angosciante questo libro. Non ci si può fidare di nessuno.
La storia c'è. Ed è dannatamente forte. Quando sembra che le sorti dell'horror si siano ormai adagiate sulle solite tiritere scialbe di vampiri e zombi, Andrea G. Colombo tira fuori dal cilindro una rilettura di un leitmotiv di molti horror negli anni '70 e '80: il tema della possessione demoniaca, contaminandolo, probabilmente, col filone delle pandemie, che tanto ha dato da mangiare ai grandi cast di Hollywood, specie nell'ultimo decennio.
Devo essere sincero. Pochi libri ti tengono legato a loro dall'inizio alla fine. “Il Diacono” è uno di quelli.
Una narrazione precisa, veloce eppure particolareggiata. La scansione del tempo ricorda molto Valerio Evangelisti, e questo non può che essere un merito. Inoltre, la visualità di tutta l'opera è disarmante. In senso positivo, si intende.
Impossibile non pensare, in alcuni passaggi del romanzo, al lavoro di Dan Brown in “Angeli e demoni”, ma non credo affatto che il richiamo, per quanto inevitabile, sia voluto.
Non serve spendere troppe parole per un lavoro fatto bene. Il libro parla da solo.
Se avessi qualche milione di euro da investire, io sarei il primo a offrirmi di produrre un film da questo libro straordinario. Se c'è qualche produttore lì fuori, invece di perdere tempo con le mie recensioni, per favore, ci faccia un pensierino su e darà alla luce un VERO film horror, perché “Il Diacono” merita!
(Recensione a cura di) valerio Bonante

lunedì 15 novembre 2010

Devil (di John Erick Dowdle - USA 2010)



Devil è un film diretto dai fratelli Dowdle (ricordiamo che uno di essi, John Erick Dowdle, ha diretto ‘Quarantena’ il remake pedissequo di ‘Rec’), uscito nella sale cinematografiche italiane il 12 novembre 2010.
Il plot è lineare e ha come protagonista il sovrannaturale, in questo caso il diavolo in persona (ovvero che ha le fattezze di un umano in questo caso).
La storia comincia con un’inquadratura al contrario dei grattacieli americani, simbolo della poca ‘cristianità’ che aleggia nei giorni nostri, del capitalismo e della corsa sfrenata ai soldi soffermandosi su uno di questi in particolare. L’inquadratura al contrario è data dall’ordine ‘sovvertito’ che il diavolo provocherebbe con la sua presenza. Il racconto è scandito dalla voce di un sorvegliante di questo grattacielo, Ramirez, che afferma che quando il diavolo sta per arrivare, manifesta la sua presenza con un suicidio. E assistiamo ad un suicidio, guarda caso. Una persona si butta dal grattacielo in questione, con un rosario in mano, finendo su un furgone. A prendere le redini in mano della situazione c’è il detective Bowden (Chris Messina) che ha dietro alle spalle una storia a dir poco inquietante (la famiglia era stata uccisa da un pirata della strada il quale aveva lasciato al povero detective un unico biglietto con su scritto ‘Mi dispiace’).
L’inquadratura ora passa ad un gruppetto eterogeneo di persone che rimane incastrato in un ascensore a causa di un guasto tecnico (almeno così sembra all’inizio). Questi sono: l’addetto alla sorveglianza Ben (Bokeem Woodbine), Jane (Jenny O’Hara), un’anziana donna all’apparenza molto tranquilla, Sarah (Bojana Novakovic), una giovane benestante, Tony (Logan Marshall-Green), un ex reduce di guerra e infine Vince (Geoffrey Arend), un giovane venditore di materassi. I cinque cominciano ad innervosirsi quando capiscono che ci vorrà del tempo per riparare il guasto. Così la tensione aumenta fino a quando andrà via la luce. Durante il black out, Sarah viene aggredita alle spalle e sanguina. La sua ferita sembra essere un vero e proprio morso. Tutti additano il giovane Vince, il quale aveva preso di mira Sarah fin dall’inizio sino a quando, nel secondo black out, Vince muore, attraverso un pezzo di specchio rotto conficcato direttamente nella giugulare. Da quel momento in poi tutti cominceranno a sospettare di tutti, cercando di capire chi possa essere l’assassino.
‘Devil’ è il primo film di una trilogia che prende il nome di ‘Night Chronicles’, dove vediamo M. Night Shyamalan come produttore e autore del soggetto. Dal trailer si sperava in un horror sì claustrofobico ma ricco di colpi di scena e attimi di suspence. Così non è stato purtroppo. Il film si muove su un andirivieni di scene che passano dall’ascensore, ai grattacieli tetri e il cielo plumbeo, per poi ritornare all’ascensore e alla sala macchine, dove il povero detective Bowden cerca di risolvere il caso nel modo più razionale possibile, senza capire che c’è lo zampino del diavolo in persona a dirigere il circo dei burattini rimasti chiusi in un luogo che è solo il mezzo per far espiare loro i peccati.
In un’epoca dove la claustrofobia sembra fare da motore e da colonna portante del cinema (ricordiamo il magnifico ‘Buried’, girato interamente in una bara), Shyamalan ha ben pensato di utilizzarla, mischiando una delle paure più diffuse tra gli uomini, con la paura atavica per eccellenza: l’ignoto, in questo caso caratterizzato dal diavolo che si muove tra gli umani mietendo vittime. Il film più che horror sembra assumere i toni nel noir ad un certo punto visto che, gli unici momenti che potevano essere splatter (gli omicidi nell’ascensore) si svolgono al buio, durante i vari black out nell’ascensore. Ed è qui che crolla definitivamente la suspence. Il film manca anche della caratterizzazione dei personaggi, della loro psicologia e della loro storia. Qualche cosa riusciamo a scoprirlo solo grazie al detective Bowden che indaga sul loro passato, scoprendo che tutti hanno dei precedenti penali. Il diavolo quindi stavolta, non ha scelto degli innocenti tra le sue vittime, ma ha scelto personaggi che, prima o poi, sarebbero comunque giunti all’inferno, sottolineando molto probabilmente che tutti noi, bene o male, siamo peccatori e i nostri peccati ci seguono ovunque.
Il finale non è scontato ed è forse questo a salvare un plot abbastanza barcollante e privo di grandi idee.
Speriamo che i prossimi capitoli della trilogia siano più convincenti. Da Shyamalan infatti, ci aspettiamo questo ed altro.
(Recensione a cura di) Susanna Angelino


Titolo originale: Devil.
Lingua originale: Inglese.
Paese: Stati Uniti.
Anno: 2010.
Durata: 80 minuti.
Colore: colore.
Audio: sonoro.
Genere: horror, thriller, noir.
Regia: John Erick Dowdle.
Soggetto: M. Night Shyamalan.
Sceneggiatura: Brian Nelson.
Produttore: M. Night Shyamalan, Sam Mercer, Joseph Boccia.
Casa di produzione: Media Rights Capital, Night Chronicles.
Distribuzione (Italia): Universal Pictures.
Fotografia: Tak Fujimoto.
Montaggio: Elliot Greenberg.
Interpreti e personaggi:
Chris Messina: Detective Bowden.
Bojana Novakovic: Sarah.
Bokeem Woodbine: Ben.
Logan Marshall-Green: Tony.
Jenny O'Hara: Jane.
Jacob Vargas: Ramirez.
Matt Craven: Lustig.
Geoffrey Arend: Vince.

venerdì 12 novembre 2010

Il Diacono - Libreria Mursia (Milano) - 11/11/2010. Presentazione ufficiale



E' stata una bellissima quanto inquietante presentazione, quella del romanzo "Il Diacono" di Andrea G. Colombo (Ed. Gargoyle Books) ieri sera alla libreria Mursia di Milano. Patrocinato dai Maestri Assoluti della narrativa horror/giallo/noir/thriller della Narrativa italiana contemporanea (Sergio Altieri, Danilo Arona, Stefano Di Marino e Luca Crovi), l'evento ha visto la sentita partecipazione di un pubblico numeroso ed entusiasta, composto da persone vive, demoni incarnati (pare proprio di si...) ed Entità Astratte quanto malevole (Melissa? Pazuzu in versione femminile? Chi era presente capirà a cosa mi riferisco...)
Entusiasmante l'intervento dell'Autore, che ha descritto, con dovizia di (paurosi) particolari la genesi del romanzo, e ha risposto con prontezza e spirito al fuoco di fila di domande del maligno Crovi, del giullaresco quanto provocatorio e inquietante Arona e dell'intellettuale e "blasfemo" Altieri. Per non parlare dell'anfitrione demoniaco Stefano Di Marino, che per l'occasione ha sfoggiato un look assolutamente all'altezza dell'evento (vedi foto)...
Cos'altro aggiungere? Niente, se non il consiglio di acquistare e leggere "Il Diacono", soprattutto a quegli appassionati di letteratura horror di stampo sovrannaturale che stavano ancora aspettando l'erede di William Peter Blatty...o dell'Anticristo, se preferite...
Prossimamente la nostra recensione ;) ...
(Domenico Nigro))

Alcune immagini della serata...






mercoledì 10 novembre 2010

LE MEMORIE DI JACK LO SQUARTATORE (di Clanash Farjeon - Ed. Gargoyle Books)


Formato: brossura
ISBN: 978-88-89541-24-1
Pagine: 328
Pubblicato: Settembre 2008


Londra. Fine del XIX secolo. Quartiere di Whitechapel. Non c'è bisogno che aggiunga altro perché la vostra mente si porti per libera associazione ai sanguinosi delitti dalla firma ignota, che i giornali dell'epoca attribuirono al fantomatico “Jack lo squartatore”.
Sette delitti certi (ma forse parecchi di più) che tennero sveglia molta gente per più di una notte.
Sette donne macellate, scannate, mutilate da mani abili e poi abbandonate in luridi vicoli oscuri. Forse come monito, forse per macabra sfida all'autorità. Poi, da un giorno all'altro, più nulla.
Il caso venne archiviato, ma la minacciosa ombra di Jack continua ad incombere su di noi, quasi duecento anni dopo, fino a diventare una moderna versione di “uomo nero”.
Ancora oggi sono in molti quelli che si cimentano nella ricostruzione di quei sanguinosi eventi al fine di dare un volto allo squartatore misterioso.
Inutile! Sembra che questa faccenda sia nata per far parlare di sé.
Ma analizziamo tutto con calma. I delitti si susseguirono attorno al 1888, ovvero in piena epoca vittoriana. Era, questa, un'epoca molto controversa, fatta di tensioni sociali e di fine lirismo poetico. Il romanticismo era ormai superato, e sebbene il gusto romantico nella letteratura era ancora in auge, gli intellettuali iniziavano ad aprirsi maggiormente ai problemi sociali come l'educazione delle masse o le difficili condizioni di vita degli operai e dei ceti bassi in generale.
Ancora una volta nella storia le lotte di classe contrapponevano la ricca borghesia al popolo minuto.
Era un contesto in cui, insomma, convivevano una forte indignazione popolare accanto al perbenismo esasperato delle classi più alte.
Questo è lo scenario, dipinto magistralmente da Clanash Farjeon, in cui un insospettabile psichiatra diverrà uno dei personaggi più sanguinari e noti della storia della criminologia. L'autore ricostruisce con precisione le vicende a partire dalle cronache dell'epoca, immaginando che sia lo stesso assassino a riorganizzare le proprie memorie.
In realtà, non c'è molto altro da dire dal punto di vista stilistico e narrativo. Senza dubbio è un gran libro, scritto davvero bene anche se forse con un ritmo un tantino lento.
Ma non voglio parlare di ciò che è scritto nel libro, bensì di ciò che NON è scritto e che tutti dovrebbero capire.
Clanash Farjeon non è solo un narratore. Egli è fautore di un “horror sociale” che ha pochi precedenti significativi nella storia di questo genere. Nelle sue mani, l'horror diviene strumento di denuncia, un paradigma, una scusa per parlare del sociale, dei nostri giorni.
A guardare bene, “Le memorie di Jack lo squartatore” è più un dramma psicologico che un horror. Riflettiamoci: troviamo un uomo (il nome è davvero ininfluente, giacché potrebbe essere chiunque di noi) schiacciato dal proprio ruolo sociale, castrato dal perbenismo dilagante e in piena crisi di mezza età. Immergiamolo nel contesto di incertezza sociale descritto sopra e avremo creato un mostro.
Perché in una società dove l'eufemismo è d'obbligo, sotto il velo di cortesia, delicatezza e buongusto, si nasconde sempre un coacervo di frustrazioni e istinti repressi che, come la psicanalisi freudiana ha dimostrato, devono per forza emergere in tutta la loro potenza per allentare le pressioni psicologiche. Appare interessante notare come due anni prima dei delitti di Whitechapel, nel 1886, Robert Louis Stevenson, con dote quasi profetica, abbia dato alla luce “Lo strano caso del dottor Jekyll e di Mr. Hyde”.
Similmente all'opera citata, in “Le memorie di Jack lo squartatore” abbiamo un altro caso di personalità doppia: di giorno il protagonista è un eminente psichiatra, di notte una bestia fredda e sanguinaria.
Jack si impone, quindi, come specchio della Londra vittoriana: così pulita e ordinata in superficie e così marcia e inquieta nell'animo.
In realtà, chiunque si sia celato dietro le spoglie mediatiche di “Jack lo squartatore”, era un puro. Era colui che ha superato il concetto di bene e male, che ha saputo cogliere la catarsi nell'efferatezza. Colui che ha materializzato un'aggressività onnipresente, per quanto repressa. In un certo senso, Jack è stato creato dalla società, dalla gente, prima ancora che dai media, come risposta a quello stato di cose. Gli eventi non potevano che svolgersi così. Qualcuno doveva vestire i suoi panni o sarebbe precipitato tutto l'assetto sociale. Perché Jack è il volto in ombra di una società che si nasconde dietro i “va tutto bene”. Jack è tragedia e scandalo. Jack è redenzione attraverso la barbarie; è il prendere coscienza della propria ombra e del fatto che non la si potrà mai cancellare.
Clanash Farjeon non parla del 1888, né della Londra vittoriana. Parla di oggi, delle nostre città, della nostra situazione. Tenete d'occhio i giornali, gente! Perché Jack non ha mai smesso di uccidere.
(Recensione a cura di) Valerio Bonante

lunedì 8 novembre 2010

Il 36° Giusto (di Claudio Vergnani - Ed. Gargoyle Books)



Formato: Brossura
ISBN: 978-88-89541-48-7
Pagine: 536
Pubblicato: Agosto 2010


"Pensavamo di aver smesso di uccidere i vampiri, ma abbiamo ricominciato a farlo. Ora che e' accaduto quel che e' accaduto, e' quasi un mestiere.
Non devi piu' nasconderti per cacciarli.
Sono reietti, emarginati, abbandonati dai loro stessi Maestri.
Le retrovie di un esercito allo sbando.
Non c’e' posto per loro. Ma nemmeno per noi. E la loro presenza giustifica in qualche modo la nostra.
La loro mancanza di un futuro si intreccia con la consapevolezza della nostra quotidianita' di speranza, e le loro azioni prive di un fine si sovrappongono al nostro gesticolare che e' ormai soltanto uno stanco, sfiduciato reagire senz’anima.
Loro e noi.
I vampiri e i cacciatori.
Una battaglia senza onore né gloria tra disperati, dove in mezzo stanno le prede innocenti. E forse c’e' piu' colpa in noi, che possiamo scegliere, che in loro, schiavi di una sete che non possono spegnere.
Loro sono assassini nati, noi l’estrema difesa, sempre sull’orlo dello sfascio. Ma in qualche modo ambiguo e discorde, nell’inconsapevolezza innocente dei semplici, siamo anche il fioco brillare di una speranza di un imprevedibile, brevissimo, insperato momento di giustizia..."

Torna la squadra di ammazzavampiri più scalcinata e psicolabile della storia della letteratura horror.
Dopo la mattanza vampirica intravista nel precedente capitolo della saga (Il 18° Vampiro), la vita nella città di Modena sta tornando lentamente alla normalità. I vampiri sono tornati, improvvisamente e misteriosamente, nell'ombra, e Claudio e Vergy si ritrovano senza lavoro. Trascinano avanti le loro vite miserevolmente (in ogni senso), cercando di dimenticarsi dei vampiri e degli orrori precedentemente vissuti.
Ma non è facile cancellare il passato. Soprattutto quando è un brutto passato, e ha il maledetto vizio di ritornare... I vampiri non sono scomparsi del tutto, quelli messi peggio sono stati abbandonati al loro destino dai Maestri e dai loro fratelli di sangue, e ora si arrabattano alla meno peggio per sopravvivere, rifugiandosi nelle periferie, nelle dimore abbandonate e nelle zone più squallide e isolate delle città. C'è chi sfrutta la situazione e si inventa un nuovo lavoro, come Paride, personaggio abbastanza spregevole e senza tanti scrupoli, che apre un'agenzia di ammazzavampiri e recluta i nostri eroi per il classico piatto di fagioli. E in questo secondo capitolo della saga saranno ben quattro le avventure che li vedranno protagonisti: una, lunghissima ed epicamente (e disperatamente) gotica, nell'antico Cimitero Monumentale di Modena; un'altra li vedrà impegnati nella caccia a un vampiro sadico e depravato che si accanisce sulle sue vittime in un albergo abbandonato sul margine dell'autostrada; un'altra ancora in montagna, una vicenda macabra e natalizia, dove i nostri si troveranno a fare da body guards alla pittoresca e ricca famiglia di un notaio, insidiata da una coloratissima e pericolosissima crew di vampiri; la quarta e ultima si svolge oltreconfine, in una Parigi tetra e piovosa, alla ricerca di un insidioso quanto triste succhiasangue che ha trasformato un enorme palazzone abitato da extracomunitari nel suo territorio di caccia...
Claudio Vergnani ci sorprende (e ci spiazza...) ancora una volta con i suoi cacciatori di vampiri sempre credibili, sempre più frustrati e psicotici, sempre più miserabili eppure eroici fino alle estreme conseguenze. Padroneggiando il suo stile fatto di turpiloquio zen e prelibatezze splatterpunk, Vergnani ci conduce per mano in un mondo dove umani e vampiri sono due facce di quella stessa sadica, imperscrutabile, ineluttabile e crudelissima medaglia che si chiama Vita. Impregnato di fatalismo e disperazione estrema alla Jean Ray, e di macabro, sporco humor alla Joe Lansdale, “Il 36° Giusto” vede il ritorno alla ribalta di alcuni dei vecchi personaggi, come lo squilibrato Gabriele (che è diventato un affermato scrittore horror ma non disdegna, una volta arrivato al punto, di ributtarsi nella mischia...), o la giovane ninfomane/guerrigliera Elisabetta, al fianco di personaggi nuovi di zecca, come il nano africano Matthew, che sbarca il lunario come fotografo di siti ultrasplatter tipo Rotten, o il nuovo datore di lavoro della squadra, Paride, e la sua sensuale segretaria/braccio destro peruviana Alicia. Altri personaggi nuovi si intravedono appena (vedi la giovane vampira russa Margherita e i suoi compagni adolescenti, la next generation vampirica), e sicuramente avranno il loro peso nell'economia dell'inevitabile (speriamo!) terzo capitolo della saga.
Lode a Claudio Vergnani, dunque, che ha saputo riscrivere un mito come quello dei vampiri, rendendocelo credibile e pericolosamente vicino.
A noi non resta che raccomandarvi l'acquisto di questo memorabile romanzo. Saranno soldi ben spesi, Ve lo garantiamo noi!
(Recensione a cura di) Domenico Nigro

martedì 2 novembre 2010

Buried - Sepolto (di Rodrigo Cortes - 2010)



‘Buried’ è un film diretto da Rodrigo Cortes e uscito nelle sale cinematografiche italiane il 15 ottobre 2010.
La pellicola, che ha suscitato grande interesse fin dal Sundance Festival, segue un plot semplice, lineare ma d’impatto ed efficace.
Paul Conroy (Ryan Reynolds) è un autotrasportatore americano per un’azienda privata che giunge con altri suoi colleghi in Iraq, con la speranza di aver trovato finalmente un buon lavoro per sostenere al meglio la sua famiglia. Purtroppo però a questi verrà tesa un’imboscata da parte di un gruppo di terroristi che li scambia per soldati. Così, mentre gli altri suoi colleghi verranno quasi tutti assassinati, Paul verrà sepolto a tre metri sotto terra in una cassa di legno con a disposizione uno zippo, una matita e un cellulare. Questi tre strumenti saranno la sua unica ancora di salvezza per riuscire a comunicare con l’esterno e per avere una minima illuminazione in quella che sembra essere ‘la fine dei suoi giorni’.
‘Buried’ è un film che potrebbe suscitare, a chi non avesse avuto ancora modo di vederlo, scetticismo e desiderio di preferire ad un uomo sepolto in qualche regione sperduta dell’Iraq un’altra pellicola con più protagonisti. Che errore madornale. In soli novanta minuti e con un’interpretazione magistrale da parte dell’unico attore (l’eccezionale e intenso Ryan Reynolds) il regista Rodrigo Cortes riesce a tenere alta la tensione dello spettatore in un gioco fatto da attimi di stasi, attimi di tensione accelerata all’ennesima potenza e desiderio di voler aiutare il protagonista, con un’ immedesimazione dello spettatore così intensa da provare sulla pelle le sue stesse emozioni e la sofferenza negli attimi di maggior concitazione. Il chiaro messaggio politico della pellicola è evidente (ovvero il governo preferirebbe mantenere il riserbo su queste vicende piuttosto che aiutare questi poveri ostaggi) anche se, ciò che più balza all’occhio e ciò che allarma di più è che, nonostante il protagonista sia agevolato dal possesso di un cellulare, quest’ultimo risulti essere invece un enorme deterrente e un apparecchio che non fa altro che mettere in evidenza l’enorme incomunicabilità dei giorni nostri, nonostante tutti i mezzi che abbiamo a disposizione. Oltretutto si evince, (amaramente anche) che nel momento del bisogno, tutti (o quasi) si tirano indietro e come al solito bisogna cercare di cavarsela da soli per non subire la peggio o meglio ancora per non morire (nel caso di Paul).
Un’ultima amara ma veritiera constatazione che traspare dalla pellicola è che la vita di un essere umano, oggi come oggi, vale poco o niente rispetto alle grandi multinazionali, ai governi e all’incolumità di certe persone che stanno ai ‘piani alti’. Indi, assieme a Ryan Reynolds, siamo sepolti anche tutti noi, esseri comuni, pronti però alla sofferenza e a fare di tutto per riuscire a travalicare situazioni ostiche o meglio ancora apparentemente prive di vie d’uscita.
In conclusione, per chi non avesse avuto ancora modo di vederlo, consiglio la visione di ‘Buried’ in quanto non si troverà di fronte il classico film stereotipato e scontato. Per chi ha voglia e desiderio di scoprire (in fondo in fondo) un dipinto della società moderna, si accomodi pure. La ‘sepoltura’ sta per cominciare.
(Recensione a cura di) Susanna Angelino



Titolo originale: Buried
Genere: Horror , Thriller
Anno: 2010
Nazione: USA/ES
Produzione: Lionsgate
Distribuzione: MovieMax
Regia: Rodrigo Cortes
Cast: Ryan Reynolds, Robert Paterson, Samantha Mathis, Stephen Tobolowsky
Uscita ITA: 15-10-2010