martedì 19 dicembre 2006

Genìa, di Gianfranco Nerozzi (2004)

GIANFRANCO NEROZZI, GeniaDario Flaccovio editore - novembre 2004 - pag 300 - Prezzo: Euro 14,00

Un esorcista serial killer uccide con agghiacciante ferocia membri del clero che stanno per recarsi al convegno Eucaristico di Bologna, presieduto dal Papa; una serie di efferati omicidi paralleli; un virus alieno che attacca le vie respiratorie e distrugge le menti e le anime; una polvere scura e insana che è sospesa nell'aria ma non risulta dalle indagini di laboratorio; le oscure manovre delle Opere Vigilanti, sorta di servizi segreti vaticani nati sulle ceneri della Santa Inquisizione; una misteriosa setta innominabile, conosciuta come i Superiori Sconosciuti. Pezzi di un mosaico la cui soluzione sembra risiedere nella mente di un pericoloso assassino, internato in un ospedale psichiatrico, che durante un esperimento scientifico capta onde radio provenienti dal passato e che si riferiscono a un misterioso atterraggio di oggetti volanti in Nord Italia negli anni '30, un episodio finora tenuto segreto da una sorta di x-files del fascismo. Su questi ed altri misteri è chiamato a indagare il capitano dei Carabinieri Michele Santonero, una personalità tormentata dai dubbi di fede e dal dolore per la propria amatissima donna, un'eroica poliziotta che sta per morire di cancro. Spetterà a lui ricostruire il mosaico e scoprire la natura dei Lamenti, i demoni portatori di dolore di cui parla un antichissimo vangelo apocrifo.Questo, in una sintesi molto incompleta, il succo del nuovo romanzo di Gianfranco Nerozzi, scrittore horror nostrano che nulla ha da invidiare a Stephen King o Clive Barker..L'opera è pervasa da un tale senso di malattia e malvagità da mettere veramente i brividi durante la lettura: niente certezze, tutto è il contrario di quanto appare poche righe prima, tutto è sbagliato, quasi contro natura. Bologna, la solare Bologna, appare qui pervasa da una tale aura di malvagità e degenerazione, che dà l'impressione che si stia trasformando in un allucinante Inferno."Genia" è il primo romanzo di una saga che è appena iniziata, una sorta di "Millennium" all'italiana che, viste le premesse, si preannuncia davvero spettacolare.Grande Nerozzi! Con lui si può finalmente parlare a voce alta di horror italiano!
Per acquistare il libro:
Dario Flaccovio EditoreNel sito c'è anche l'elenco delle librerie dove il romanzo è reperibile.

Intervista a Gianfranco Manfredi



DOM:Magia Rossa ha visto la luce nel 1982, conosciuto una ristampa nel 1993 e ora ricompare nuovamente nel 2006. Sapresti farci un quadro generale della situazione editoriale per quanto concerne l'horror e il soprannaturale nelle tre diverse epoche, con analogie e differenze?


[GM]: Domanda difficile. Per limitarci al contesto editoriale delle uscite di Magia Rossa, direi che il 1983 era un anno precoce per un horror italiano, nel senso che l’horror non poteva certo dirsi una tendenza, d’altro canto nel cinema eravamo invece nel pieno di una stagione molto interessante; negli anni '90 il successo di Dylan Dog aveva risvegliato un certo interesse editoriale, eppure non si notava certo l’emergere di un “filone horror” anzi i nuovi scrittori sembravano preferirgli di gran lunga il thriller, il noir e il poliziesco, quanto al cinema horror era in piena decadenza; di questi tempi l’horror letterario italiano continua a segnare il passo, ma in compenso il cinema horror internazionale è in piena ripresa e offre continui esempi di grande interesse anche stilistico.


DOM]: Al momento della proposta di una ristampa ora, nel nuovo millennio, ti sei posto il problema di una eventuale revisione del testo?


[GM]: No, anzi ho fatto il contrario. Nell’edizione degli anni '90 avevo cambiato qualche riga, pentendomene subito dopo. Qui ho restaurato quella originale. Non si dovrebbe mai tornare sulle cose fatte perché come scrivo nella Postfazione, un’opera una volta pubblicata non appartiene più allo scrittore, ma ai lettori. Un restauro di profondità può avere senso solo se dell’opera originale erano state magari per ragioni di opportunità o di censura editoriale, tolte delle parti, ma nel caso di Magia Rossa ero stato lasciato assolutamente libero di scrivere quello che volevo.


DOM: Nella postfazione citi Romero, Carpenter, Cronenberg e altri registi come alcuni dei principali motori ispirativi all'epoca. Ora, durante gli ultimi anni, ricordi qualche film o qualche nuovo regista che abbia proposto cose parimenti interessanti?


[GM]: Negli ultimi anni il cinema orientale ha dato un’importante scossa all’ambiente con cose forti e originali. Poi sono arrivate pellicole che hanno ripreso suggestioni narrative e fotografiche degli anni '70, reinterpretandole con maestria e grande sensibilità estetica (Wolf Creek valga come esempio, ma non è certo l‘unico). Ho trovato notevoli anche Saw e Hostel. Quest’ultimo è stato un film molto criticato, ma sinceramente me ne sfugge il motivo. Non sarà perfetto, ma è molto stimolante. Invece non sopporto molto il mainstream horror che ormai consiste in un modello terribilmente ripetitivo: si prende un gruppo di adolescenti di bella presenza e li si fanno sterminare uno per uno dal mostro di turno (vedi il recente Il Collezionista di Occhi, o il veramente assurdo remake di The Fog). Qui siamo sul piano del teen-horror, genere che non mi è mai piaciuto e che tra l’altro è sprovvisto della minima qualità estetica perché girato secondo parametri televisivi.


DOM: In campo italiano conosci e stimi altri autori di genere perlomeno simile a quello di Magia Rossa? Facci qualche nome...


[GM]: Qualcosa è uscito, in ordine sparso e con poca costanza… però nessuno si è distinto particolarmente, al contrario di quanto è avvenuto con il giallo. Il fenomeno più notevole è avvenuto nel campo della letteratura per bambini dove l’horror (internazionale) ha trionfato, ma non conosco italiani che abbiano saputo cimentarsi in questo campo e assecondare i bisogni di quei piccoli vampiri dei nostri figli. Lo stesso Magia Rossa è stato e resta un romanzo tipicamente per adulti.


DOM: Pensi si possa uscire dal cul de sac in cui è finito il genere horror per quel che concerne le librerie? Gli scaffali sono curvi sotto il peso di noir spesso insipidi e approssimativi, polpettoni fantasy triti e ritriti e saghe fantascientifiche che non hanno poi molto di fanta o di scientifico mentre il soprannaturale muore di anno in anno. Qual è la cura?


[GM]: Non credo ci sia altra cura che lasciare sfogare la malattia fino alle conseguenze finali. Proprio eri sera ero a una cena di colleghi scrittori (non di horror, scrittori e basta). Una scrittrice presente ha citato un dato impressionante: pare che gli scrittori italiani (contando tutti quelli che hanno pubblicato almeno un libro tra saggistica e romanzi) ammontino a novemila! C’è una sproporzione allucinante tra scrittori e lettori. I primi crescono in proporzione geometrica, gli altri calano altrettanto rapidamente. Io non riesco (e non sono il solo) a capire come si faccia a scrivere senza leggere. Pubblicare un romanzo è diventato una sorta di status symbol (risibile peraltro, visto che dopo un quarto d’ora di gloria apparente, poi quelle tonnellate di carta finiscono al macero). Quando si scrive per assumere una veste sociale, cioè una minima, patetica patente di Personaggio/Autore, non si scrive più né per vocazione né per il pubblico e questa è la fine della scrittura. L’horror inoltre non si rivolge a tutti, ma a pochi, e gente che aspira alla fama per quale motivo dovrebbe dedicarsi con passione a un genere cosiddetto di target o di nicchia? Quelli (gli scrittori massa) vogliono raggiungere tutti, vanno in cerca del pubblico omologato nato dalla Tv generalista, scrivono gialli perché sentono dire che è di moda, ma se annusano che va di moda l’adolescenziale alla Melissa P. o alla Tre Metri sopra il cielo, si buttano con la stessa disinvoltura su quello. Da questo punto di vista mi auguro che l’horror letterario continui a restare raro e non diventi mai una moda in Italia altrimenti verremmo letteralmente infestati dalla genia degli scrittori non-lettori.


DOM: Consigli per qualche folle esordiente che si ostini a cercare di pubblicare in Italia?


[GM]: Come ho già detto, pubblicano in troppi. Se uno vuole pubblicare un editore lo trova sempre, magari piccolo, magari a pagamento, magari pubblicandosi da solo sul proprio blog. Il punto non è pubblicare, ma avere qualcosa da esprimere che non sia il semplice riflesso del proprio narcisismo e scrivere su uno standard quanto meno decente. Tutti possono divertirsi a ballare in discoteca, ma fare i ballerini professionisti è un altro discorso.


DOM: Nel nostro Paese, da circa cinque anni, si è formato in Rete un agguerritissimo movimento di scrittori horror/noir, e La Tela Nera rappresenta un pò il covo di tale movimento. Ti sei mai imbattuto negli scritti di questi “audaci” e se si, come giudichi la qualità della loro proposta letteraria?


[GM]: Chiedo scusa, ma pubblicando io da anni (tra romanzi e fumetti) una media di tremila pagine all’anno, e leggendo moltissimo perché sia i miei romanzi che le mie sceneggiature si fondano su una documentazione e una ricerca molto scrupolose, non ho molto tempo né per seguire le novità che sbucano ogni giorno in libreria, né quelle che affiorano ogni minuto in rete. Leggo però molto attentamente tutte le cose che mi vengono inviate per avere un consiglio o un parere e a questo scopo pubblico anche un corso di sceneggiatura totalmente gratuito, sul mio sito, cercando di aiutare come posso gli esordienti ad acquisire il bagaglio tecnico e di conoscenza che ritengo indispensabile per chi voglia scrivere non occasionalmente, ma come professione. Vivere di scrittura non è affatto facile: gli scrittori professionisti in Italia si contano a decine, non a migliaia. E quelli che non lo fanno come secondo lavoro, ma come lavoro esclusivo, riuscendo a vivere di questo, sono davvero pochi. Se non si legge molto, se non si è disposti a sacrificare la propria vita alla scrivania, ci sono lavori sicuramente più lucrosi e che consentono un’esistenza più vivace sul piano sociale. Gli scrittori che diventano ricchi sono un’eccezione assoluta. Dunque va benissimo scrivere perché si sente l’urgenza di esprimersi con la parola scritta, ma tra questo e farne una scelta di vita ce ne corre e bisogna rendersi conto che non si farà una vita di agi. I migliori scrittori (e ne conosco tanti) sono abituati a condurre una vita modesta ed è questo che consente loro di restare vicini e di capire i problemi e i desideri della gente comune. Ne ho anche conosciuti alcuni che dopo un successo clamoroso sono entrati in crisi creativa e non sono riusciti a scrivere più niente o quanto mano nulla di valido (per loro stessa ammissione). D’altro canto continuo a ritenere quello dello scrittore il lavoro più bello e più libero del mondo e penso che venire pagati per raccontare delle storie sia un privilegio. Bisogna battersi per meritarlo e per farcela è indispensabile essere estremamente preparati, sensibili, più aperti alla ricerca espressiva che al denaro. A meno naturalmente che la propria aspirazione non sia quella di diventare un logo, dopodiché si pagano scrittori ombra, ghost writers e redazioni che lavorano al posto tuo. Quando si firmano contratti a parola (cioè pagati per numero di parole)come fanno certi americani è quasi inevitabile finire così, non si è più uno scrittore, ma il marchio di una ditta che sforna prodotti in serie.


DOM: Secondo te internet può rappresentare una valida vetrina per chi cerca di imporsi come autore horror o noir nella difficile situazione editoriale italiana?


[GM]: A proposito di Internet, credo che comunque e a prescindere dall’horror i siti letterari migliori si siano imposti perché hanno dei criteri, cioè non pubblicano qualsiasi cosa, ma scelgono. Per esempio il gruppo di scrittori e collaboratori che gravitano attorno al sito di Valerio Evangelisti o a quello dei Wu Ming, vengono anzitutto stimolati ad essere dei buoni lettori, cioè quanto meno a leggere anche le cose che scrivono gli altri, e quando diventano parte attiva, redazionale, del sito, sono in grado di fare da filtro cioè di scegliere i contributi più interessanti. Se invece si spalanca il portone a chiunque, si avranno anche più contatti, lì per lì, ma alla lunga si diventa inutili, perché per l’autoespressione più o meno narcisistica ci sono già i blog. I siti dovrebbero essere dei forum permanenti dove gli esordienti e non solo loro si incontrano, si valutano, si confrontano e magari trovano persino modo di collaborare a progetti comuni. Il livello dei contributi critici dovrebbe essere sempre molto curato, come quello delle recensioni. Se si critica una traduzione, bisognerebbe quanto meno aver letto l’originale nella sua lingua. Se ci si propone come critici o esperti di letteratura americana (anche horror) dovrebbe essere un obbligo conoscere l’inglese, anche per poter segnalare testi interessanti alla case editrici che di lettori specializzati non ne hanno quasi più. La presunzione dello sparare giudizi senza preparazione andrebbe evitata con cura e con senso di umiltà. Non si è un’autorità in materia solo perché si gestisce un sito. Per fare un esempio tratto da un altro campo, trovo che la rivista di cinema Nocturno sia fatta molto bene, da persone sicuramente competenti, il cui giudizio ovviamente può essere sempre discutibile, ma mai messo in questione per superficialità. Lo stesso rigore dovrebbero avere i siti che avendo tra l’altro tempi di pubblicazione più immediati, potrebbero fornire anticipazioni succose e suggerimenti importanti quasi a getto continuo. Più un sito acquista credibilità, più saranno credibili gli scritti di esordienti che ospita, ma perché ciò sia possibile gli esordienti devono essere preparati, altrimenti il sito precipita in breve tempo nel chiacchiericcio più effimero e nell’insignificanza.


DOM: Domanda forse scomoda, ma hai più o meno idea delle copie vendute per quanto riguarda le due precedenti edizioni di Magia Rossa?


[GM]: Non è scomoda, è inutile. Anzitutto nello specifico non ho mai fatto i conti (presumo che Magia Rossa abbia venduto tra le varie edizioni, quelle di Feltrinelli furono due, sulle trentamila copie). Ma il numero di copie vendute corrisponde molto poco al numero dei lettori. Anni fa usciva una rivista a cura delle Biblioteche Pubbliche Italiane che riferiva i dati dei prestiti e delle letture: quei dati trasgredivano ogni classifica pubblicata dai giornali e in essi la narrativa di genere superava di gran lunga quella scolastica o generalista. La narrativa da Premio Letterario era quasi assente! Chiunque frequenti una biblioteca sa bene che le copie di un libro, che so, di Peter Straub (che ha sempre venduto molto poco in Italia) sono consunte a furia di letture. Infine, ho sperimentato personalmente che nei vari decenni le classifiche di vendita sono sempre state artatamente e in diverso modo alterate, in tutti i settori. Per esempio nei dischi, siccome sono stato anche autore di brani interpretati e pubblicati da altri (cantanti molto più celebri e popolari di me) mi sono accorto spesso che album dati per campioni di vendita e rimasti in classifica per quasi un anno intero come se avessero venduto un milione di copie, in realtà avevano a fatica superato le centomila copie stampate. Ogni volta mi chiedevo: sono falsi cioè al ribasso i dati forniti dalle case discografiche alla Siae, sono falsi i dati pubblicizzati dalle classifiche, o sono falsi entrambi? Un giorno Fabrizio De Andrè mi confessò ridendo (era molto ironico e disincantato su questo) che un suo 45 giri finito subito primo in classifica, non era stato ancora neppure distribuito nei negozi, a causa di un ritardo delle stampe. Quando uscì Magia Rossa, un altro libro Feltrinelli uscito quasi contemporaneamente ebbe immediatamente l’onore della classifica. Mi recai dall’allora direttore editoriale Franco Occhetto per capire se il mio libro (che invece non era in classifica) era fermo o si stava muovendo. Lui mi mostrò (anche lui ridacchiando) il tabulato delle vendite da cui risultata che quel libro subito in classifica, alla terza ristampa non aveva ancora raggiunto le cifre della mia prima. “Ma allora come mai Magia Rossa non è mai stato in classifica?” Gli chiesi io. E lui: ”Cosa vuoi... le classifiche. Ti stupisci proprio tu che vieni dai dischi?” In conclusione: stante che non c’è rapporto tra la qualità letteraria di un libro e il numero di copie vendute, in Italia la mera realtà di mercato nessuno la vuole vedere, non la si conosce proprio e se anche la si conosce si fa di tutto per occultarla o rivoltarla a proprio comodo. Fondare qualsiasi genere di giudizio sulla base dei presunti dati di vendita è dunque un esercizio puramente inutile.


DOM: Quanto tempo è passato dall'ideazione alla stesura definitiva? Quanta la mole di ricerca storica eseguita?


[GM]: A posteriori mi è sembrato che il tempo fosse stato brevissimo, diciamo un mese. Ma può anche darsi che sia stato più lungo, di certo non superiore a tre mesi (dall’ideazione alla revisione finale). La ricerca storica fu notevole, ma dato che all’epoca ero fresco di studi universitari e reduce da un paio di anni come ricercatore presso l’università, molti degli studi confluiti in Magia Rossa li avevo fatti prima.


DOM: Nei tuoi romanzi, Milano diventa spesso scenario dell’azione. Milano come Arkham o Castle Rock, possibile?


[GM]: Beh, la Milano di quegli anni la conoscevo in tutti i risvolti, dunque era per me uno scenario abituale. Nel caso di Magia Rossa era anche uno scenario obbligato, dato che lì c’era un richiamo alla tradizione anarchica della fine ottocento e alla letteratura degli Scapigliati. Però il mio romanzo successivo (Cromantica) già si spostava da Milano alla Valtellina e quello dopo ancora (Ultimi Vampiri) dilagava per tutta l’Europa, dunque no... Milano non è mai stato per me uno scenario fisso o centrale. Persino Magia Rossa del resto era stato influenzato dal clima che avevo vissuto a Roma, come ricordo nella Postfazione.


DOM: Possiamo aspettarci nell'immediato futuro qualche nuovo romanzo di genere da parte del papà di Magico Vento?


[GM]: Sto studiando molto per preparare il mio prossimo romanzo che causa impegni fumettistici non uscirà prima del 2008. Sì, è un horror, o meglio un gotico. Non ne voglio parlare adesso, posso solo dire che è un progetto molto impegnativo e stranissimo che tratta di ambienti e vicende su cui in Italia non si è mai pubblicato nulla letterariamente e di cui non si conosce assolutamente nulla. Dunque suppongo che sarà un sicuro insuccesso! E questo mi stimola il doppio. Mi comporterà una trasferta di studio all’estero per qualche tempo. Vorrei anche pubblicarlo all’estero in quasi contemporanea con l’uscita italiana.


DOM: Dal 1977 al 1994 ti sei dedicato molto al teatro. Che tipo di esperienza è stata per te?


[GM]: Bellissima. In una cosa l’attore e lo scrittore sono simili: rappresentano gli altri, possono essere molteplici, incarnare figure diverse, persino di secoli diversi. (Tra l’altro, Bram Stoker era un agente teatrale e il modello di Dracula non era affatto Vlad Tepes, ma Henry Irving, l’attore da lui rappresentato).


DOM]: Forse non tutti sanno che vanti anche una notevole produzione musicale. Ancor meno credo che si sappia che hai scritto i testi di alcune bellissime canzoni di artisti come Mia Martini, Massimo Boldi, Heather Parisi, Gianna Nannini, Mina, Gino Paoli, Drupi, Ricky Gianco, Giorgio Faletti... anzi, parliamo proprio di quest’ultimo caso: sarà mica stata quest’ultima collaborazione con Faletti a dargli l’input a scrivere thriller di successo?


[GM]: Non penso proprio. È stata di sicuro una sua maturazione. Giorgio ha sempre scritto e prima di debuttare come comico era autore di testi comici per altri, dunque non mi ha affatto sorpreso che dopo un periodo di calo della sua fortuna come comico abbia scelto di dedicarsi alla scrittura.


[DOM: Hai partecipato al Festival di San Remo con il gruppo I Figli di Bubba! Che tipo di esperienza è stata?


[GM]: No, il Manfredi dei Figli di Bubba è mio fratello Roberto, attualmente autore di Piero Chiambretti e produttore televisivo. Anche mio fratello ha cominciato con la musica e negli anni in cui esordivo come cantautore lui produceva dischi (tra l’altro produsse dischi di Roberto Benigni e di Paolo Conte). La sua partecipazione al Festival sul palco è stata occasionale, nel senso che lui ha sempre preferito stare dietro le quinte anche se ha una presenza e una vena attoriale notevole. Come strumentista poi l’ho sempre invidiato perché qualunque strumento prenda in mano, anche ignoto, si mette lì e lo suona. Io invece suono la chitarra ancore come la suonavo a tredici anni, cioè male. In questo sono un tipico cantautore. Ho anche composto delle musiche, ma facendole sempre suonare da chi è capace.


DOM: Passiamo al fumetto: Manfredi e Magico Vento duo imprescindibile. Una cosa che mi sono sempre chiesto è perché Poe come partner fisso? Perché non Ambrose Bierce, per esempio?


[GM]: Perché Poe (nel senso di Edgar Allan) per me è stato infinitamente più importante di Bierce.


DOM: La Volta Nera, nemesi perpetua del nostro MV. Sbaglio o è un pò la metafora dei Poteri Occulti nel mondo?


[GM]: Sul numero di settembre di Magico vento uscirà un pezzo abbastanza approfondito sulla Volta Nera, sul suo significato e sulle fonti cui mi sono ispirato. Comunque, sì la tua sintesi è esatta. Il Potere si nutre sempre di qualcosa di occulto e di oscuro.


DOM: Un’ultima domanda: immagina che la Marvel Comics ti chiedesse di sceneggiare una delle sue serie storiche, a quale ti piacerebbe metter mano?


[GM]: No, per carità, ho già abbastanza cose da fare e da scrivere per conto mio, ci mancano solo i super-eroi. Francamente, a parte Barman e l’Uomo Ragno, gli altri mi stanno tutti sulle palle. Sono appena tornato da un mese a San Francisco: è davvero agghiacciante notare come nelle librerie e nelle botteghe di fumetti a parte i manga venduti all’ingrosso non si trovi altro che super-eroi. La Marvel ha un dominio assoluto sulla distribuzione. Altre case editrici che pure pubblicano cose interessanti (come la Dark Horse) si notano appena. Una alternativa sono i fumetti Vertigo che vantano una buona presenza, e hanno temi più vari, ma per il resto è un disastro assoluto:l’underground sparito, le fanzine falcidiate, il fumetto di sperimentazione assente, quello politico alla frutta. Basta con i super-eroi, non se ne può davvero più. A furia di insistere su questo monotema gli americani si sono del tutto estraniati dal mondo. Quanto agli autori uno solo se ne vede in libreria, strapubblicato: Alan Moore. Possibile che in un continente così vasto ce ne sia solo uno che meriti rilievo? Lasciamoli proprio perdere gli americani. In questo campo purtroppo non rappresentano più niente. E tra l’altro i loro fumetti sono carissimi (quindici dollari per cinquanta tavole scarse), vengono stampati in Cina per risparmiare sulla carta e sulla composizione e i loro autori sono pagati meno di quanto li paghi Bonelli. Dunque almeno in questo smettiamola di lamentarci e di invidiarli: siamo meglio noi.


DOM: Stavolta mi tolgo io la soddisfazione di salutarti nello stesso modo in cui Poe ha salutato noi ardenti lettori per (finora) 104 volte: Mitakuye Oyasin, Gianfranco, e grazie per la tua squisita disponibilità...


Intervista a Gianfranco Nerozzi



DOM: Gianfranco, iniziamo con una domanda a bruciapelo che non riguarda direttamente Resurrectum, ma il suo predecessore. Quanto ha venduto Genìa?


[Gianfranco Nerozzi]: Non ho ancora il rendiconto definitivo. Penso che la prima tiratura, che era di 2500 copie, si stia avvicinando all'esaurimento. Poi c'è Mondo Libri (l'ex Club degli Editori per intenderci), che ne ha pubblicato una sua versione cartonata e con cover diversa, che ne ha venduti altri 2.500 a tutt'oggi. Nel complesso non sono numeri grandiosi. Ma considerando che siamo in Italia e che il genere horror non paga più di tanto, direi che non mi posso lamentare. L'importante è la crescita. Mantenere una costante apertura all'entrata di nuovi lettori dentro lo zoccolo duro degli appassionati. Sono curioso di vedere se Resurrectum rispecchierà questa speranza.


DOM: Resurrectum è un romanzo straordinario, ma quasi completamente a “sé stante” nel contesto della saga che ci avevi prospettato precedentemente. Perché? Scelta commerciale? Desiderio di costruire una storia nella storia? Esigenza di ampliare il discorso fino a fargli assumere una portata apocalittica?


[GN]: In realtà non è assolutamente a sé stante. Si può considerare una sorta di prequel, dove è contenuto anche Cuori perduti, il romanzo vincitore del Premio Tedeschi nel 2001, che rappresentava, nascostamente, l'inizio di tutta la storia. Ho scelto di raccontare la saga strutturandola in un modo circolare, proprio come un uroboro, il serpente che si mangia la coda che è il simbolo che sta alla base del concept della mia storia. Quindi andrò all'indietro, come i gamberi, fino a narrare l'origine di tutto, nel lontano 1933. Per poi tornare nel futuro, per descrivere le vicende che seguono cronologicamente quello che è successo nel primo Genia. Non sarà facile tessere i fili di un progetto del genere, anche perché ho la presunzione di creare un vero e proprio palindromo letterario, dove tutti i cinque libri, alla fine, potranno essere letti in una direzione o nell'altra. Tanto per fare un esempio con i due già usciti, un lettore potrebbe anche partire con Resurrecum e proseguire con Genia invece di fare il contrario. Ogni romanzo sarà comunque nello stesso tempo a sé stante, riuscendo ad avere ragione di esistere in modo indipendente dagli altri. Insomma, per intenderci, sarà un vero delirio. E lo dico come una cosa positiva, naturalmente.


DOM: Con i tuoi reading musicali ormai famosi, sei riuscito a costruire un rapporto diretto coi tuoi lettori. Ti capita di discutere con loro delle tue opere? E nel caso, quanto i pareri dei lettori influenzano le tue scelte narrative?


[GN]: Lo spettacolo che porto in giro assieme a Lucio Morelli, pianista e cantante e autore di gande talento, è una sorta di ibrido, in realtà: un incrocio fra un reading e un concerto. Ed è un ottimo modo per fare entrare la gente dentro le atmosfere del libro. Letture inframezzate a effetti sonori e a canzoni che fanno parte della colonna sonora del romanzo, proiezioni d'immagini… tutto contribuisce a coinvolgere lo spettatore facendolo entrare in sintonia con le cose che ho scritto. Alla fine del reading incontro i lettori e loro fanno domande, certo. Di solito io ascolto volentieri tutti i pareri, negativi e positivi che siano. Quanto questi giudizi influenzino le mie scelte narrative future, non so dire. Per migliorare serve sempre mettersi (o farsi mettere) in discussione. Sentirsi detentori di verità assolute ci porta lontani e ci rende freddi e inutili. Il processo creativo si basa sull'assorbimento degli impulsi che si ricevono dall'esterno, oltre che dall'interno. Se anche un solo lettore su cento, mi dice che secondo lui una determinata scena non funziona, allora vuole dire che in quella scena ci deve essere qualcosa di sbagliato, qualcosa da migliorare.


DOM:In che contesto è stato concepito il titolo Resurrectum?


[GN]: Quando doveva uscire Cuori perduti sul Giallo Mondadori, Sandrone Dazieri, che allora era il responsabile editoriale della collana, mi chiese di trovare un titolo diverso per il romanzo. Allora io cominciai a scervellarmi per trovare qualcosa di efficace, senza ottenere grandi risultati. Parlandone con un amico, Riccardo Coltri, giornalista e scrittore e curatore del mio sito, mentre ci trovavamo a Verona in un parcheggio situato davanti a un cimitero, lui m'indicò una scritta che campeggiava sulla facciata dell'edificio: Resurrecturis. E mi parve subito una bella idea. Mutandolo in dativo mi suonava fantastico: Resurrectum. Quello era il nome perfetto per rappresentare il cerchio interno del potere assoluto emblema dei Superiori Sconosciuti. Un potere così definitivo e crudele che non può finire mai,che risorge sempre: immortale come un Dio… Proposi quindi quel titolo lì ai mondadoriani. Ma mi venne bocciato perché ritenuto troppo orrorifico per un giallo. Alla fine Cuori perduti rimase intitolato, appunto: "Cuori perduti". Ma non potevo non chimare così il romanzo che risorgeva direttamente dalle ceneri del finto giallo di allora. E Resurrectum è diventato il titolo del secondo capitolo della saga di Genia, alla faccia del contesto.


DOM: L’attentato terroristico a Gerusalemme durante l’eclisse totale e tutti i suoi risvolti costituiscono uno degli episodi più inquietanti del romanzo. Ti sei ispirato a un vero episodio di cronaca per scriverlo?


[GN]: Non un episodio di cronaca in particolare. Oramai laggiù ne hanno già fatti talmente tanti di attentati di quel genere, usando bambini imbottiti di bombe, che è diventato come un terribile ordine del giorno. Mi servivano dei riferimenti ad Armageddon e quindi dovevo far partite il contagio di Vanelsìn in un luogo estremente emblematico: Gerusalemme era la cornice perfetta. Il sole viene oscurato dall'eclisse, e la cometa si avvicina alla Terra e tutto esplode per festeggiare l'avvento del Pellegrino.


DOM: Di chi è stata l’idea della bellissima copertina di Resurrectum?


[GN]: È stata mia. Una sorta di citazione cinematografica, un omaggio al cartellone di Poltergeist, dove c'è una bambina di fronte a un televisore acceso. Nel mio caso però c'è un'intera parete ricoperta di schermi… Poi quel bambino inginocchiato… È inquietante, fa venire i brividi, no? [


DOM: Hai mai ricevuto proposte cinematografiche per i tuoi lavori?


[GN]: Non ancora. E non nascondo che è uno dei miei sogni, quale appassionato di cinema: poter un giorno vedere qualche mia opera tradotta sul grande schermo. So che i due romanzi, Genia e Resurrectum sono in lettura a Mediaset, ma obiettivamente non credo che una vicenda come quella raccontata nella mia saga possa essere adatta a un pubblico televisivo, a meno di non apportare modifiche così drastiche da cambiare totalmente l'anima della storia. Staremo a vedere.


DOM]: Che libri hai letto nell’ultimo anno?


[GN]: Molto pochi, purtroppo. In tutti i casi non tutti quelli che avrei voluto. Gli impegni di scrittura mi portano via troppo tempo, e alla fine mi trovo sempre a leggere solo le cose che mi servono per la documentazione dei romanzi che devo finire. Allora vediamo un po'… Il quinto giorno di Schatzing, che ha una bellissima idea di base, ma forse qualche pagina tecnica di troppo. Loop di Suzuki, il terzo capitolo della trilogia di The Ring. Imbrobable di Adam Fawer, la fisica quantistica applicata al thriller, molto originale. Poi i romanzi di alcuni amici: Un gioco da ragazze di Andrea Cotti, validissimo poliziesco. Questo è il mio sangue di Matteo Bortolotti, giovane e talentuoso esordiente. Incontro a Duananda di Giancarlo Narciso, molto avvincente. L'eretico del grande Aland D. Altieri, stupendo, primo libro della trilogia di Magdeburg, che prosegue con La furia, appena uscito (e che non vedo l'ora di leggere). Poi ho appena iniziato The cell di King, finalmente il ritorno all'horror del maestro dei maestri. Sono curioso di scoprire cosa avrà architettato questa volta; le prime pagine sono molto belle.


DOM: Ti ritieni il miglior scrittore “di genere” in Italia?


[GN]: Assolutamente no. Credo non esistano gli scrittori migliori.


DOM: Oggi che sei all’apice (secondo me) della tua maturità artistica, cosa ti ha spinto a scegliere di pubblicare per una casa editrice "media" come la Dario Flaccovio?


[GN]: Ti ringrazio per l'apice. Anche se: non vorrei portasse sfiga. Ma dopo l'apice, poi: uno che deve fare? Pubblicare per la Dario Flaccovio Editore, una casa media, permette una dimensione lavorativa più umana, più diretta. Loro sono molto appassionati, operano molto bene, e mi lasciano carta bianca sulle cose che devo scrivere. Poi sono fuori, per ora, dalle logiche perverse che caratterizzano le grandi majors.


DOM: Hai già cominciato a scrivere il seguito della saga di Genia?


[GN]: Sì. Ho già iniziato a lavorarci. In questo terzo capitolo, saranno narrate le vicende antecedenti a quello che accade in Resurrectum, nel 1999, l'anno in cui nasce il Pellegrino. L'anno della cometa. Ti posso anticipare che verrà finalmente raccontata la storia del Conservatore e soprattutto di Rosa. Poi la nascita dell'amore fra Michele Santonero (qua alla sua prima indagine importante) e Angela. Poi frate Tac e la sua Astronave degli esseri perduti… Ci saranno oscuri crittogrammi legati alla forma piramidale e profezie nascoste dentro ad antichi testi accadici. Angeli caduti e demoni dello sguardo. Titolo possibile: Rosa mistica. Uscirà a Gennaio e dovrò consegnare il 31 ottobre. La notte di Halloween, una data scelta apposta: chissà che non porterà bene…


DOM: Altri progetti?


[GN]: In settembre uscirà un libro scritto in tandem con Andrea Cotti per Aliberti, si intitolerà: L'ora buia. Si tratta di due racconti lunghi che messi assieme costituiscono un romanzo vero e proprio, un'operazione narrativa molto interessante. Poi vedrà la luce il terzo romanzo del serial Hydra Crisis che scrivo per Segretissimo di Mondadori (firmato con lo pseudonimo Jo Lancaster Reno). Un racconto su un'antologia intitolata Italian Extreme, curata da Alan D. Altieri per il Giallo Mondadori. Poi c'é un romanzo per ragazzi in visione da Mondadori: La creta oscura, che sperò troverà finalmente la via della pubblicazione. Infine un thriller ambientato nel mondo della Posta che ho in mente da un po'.


DOM: In bocca al lupo per la tua carriera, Nero! Arrivederci ad Armageddon, anima persa che non sei altro...


[GN]: Crepi il lupo (ma solo se è mannaro). E buon Armageddon anche a te, Dom.

Intervista a Simonetta Santamaria



DOM: Allora, Simonoir...mi permetti di chiamarti come fanno i tuoi amici?

Simonetta Santamaria: E come no? Gli amici dell’horror sono tutti miei amici!

DOM: Dunque, Donne in Noir. Stupenda raccolta di racconti. È arrivata prima la pubblicazione o la vittoria al Premio Lovecraft ed. 2004?

Simonetta: Prima la vittoria del Lovecraft, anche se il libro era già andato in stampa; infatti non sono riuscita ad inserire il racconto vincitore, Quel Giorno sul Vesuvio, ma lo si può leggere, votare e commentare su
www.horrormagazine.it/racconti/1364. Così ne ho fatto un libricino che alle presentazioni allego come omaggio; una produzione Microcosmo Creativo (antonio19a@libero.it), due ragazzi che fanno cose davvero carine a costi accessibilissimi. Approfitto per consigliarli a tutti i lettori che vogliono stampare qualcosa di proprio, magari in vista del Natale…

DOM: Come è nata l’idea di presentare una serie di racconti i cui protagonisti principali sono tutte donne?

Simonetta: Ti sembrerà strano, ma tutti i racconti di Donne in Noir sono stati ispirati da fatti, a volte anche solo accenni di storie realmente accadute che vedevano delle donne come protagoniste. Una mente normale avrebbe acquisito i dati e stop mentre la mia, che funziona come un relè, clic, scatta ogni volta che un particolare la colpisce e automaticamente elabora qualcosa di macabro… Donne in Noir è una sorta di sfida alle firme maschili d’oltreoceano; un po’ alla Davide contro Golia ma se consideri che io da grande volevo fare il pilota di elicotteri, guidare il camion e la motocicletta… La moto oggi la guido, il resto nella prossima vita, magari. Mi piacciono le sfide impossibili.

DOM: Il tuo stile di scrittura non manifesta particolari “influenze” letterarie. Ma tu devi pur avere qualche modello a cui ti ispiri, o no?

Simonetta: King, sempre King, fortissimamente King. Pensa che sono andata fino nel Maine, fin sotto casa sua, e in pellegrinaggio nei luoghi dei suoi romanzi di cui ho l’intera collezione. Un vero maestro dell’horror, anche se devo ammettere che lo preferivo ai tempi di Pet Sematary, Cose Preziose o Misery. Lui sa scatenare la Paura dal nulla, il “suo” Male viene dai personaggi più comuni ed è questo che m’incanta. Solo lui riesce a tenerti incollato alle pagine parlandoti semplicemente di un cane con la rabbia: non sempre morti che camminano, vampiri o mostri di sorta. Questo a riprova che l’orrore è tra noi, basta saperlo riconoscere e guardare in faccia.


DOM: Hai mai letto qualcosa che ti ha veramente spaventato?

Simonetta: Mai come avrei voluto. Ma c’è un vecchio racconto di King, Il bicchiere della staffa, contenuto nella raccolta A Volte Ritornano, che mi è rimasto nel cuore. E poi Shining.

DOM: Hai mai scritto qualcosa che ti ha veramente spaventato?

Simonetta: Mai come avrei voluto. Anche se devo dire che a volte mi capita di rileggere dei miei racconti e allora penso “cavoli, ma sono stata proprio io?!”

DOM: È lodevole il fatto che tu ti ispiri a elementi e ambientazioni esclusivamente nazionali. Un sacco di scrittori, esordienti e non, continuano ad attingere elementi d’oltreoceano per creare le loro storie, ignorando il notevole background italico di tradizioni e mitologie folk/horror/fantasy/noir...

Simonetta: È la prima regola: scrivi di ciò che sai. Ne abbiamo già abbastanza di storie firmate U.S.A., non mettiamoci pure noi! Ma ve l’immaginate un King o un Barker scrivere di un Ciro Esposito zombie nel centro storico di Napoli? E allora!? Mi è capitato di fare da giurato a qualche piccolo premio letterario e ti confesso che quando mi capitano racconti in cui i personaggi variano dai Larry alle Mildred ai Jonathan, io storco il naso a priori. La nostra produzione horror può senz’altro essere la risposta all’horror d’oltreoceano perciò, creiamo storie nostrane!

DOM: Hai un marito medico che, detto da te, è il tuo miglior consulente. Mai pensato di scrivere un romanzo medical/horror?

Simonetta: Puntualizzo, chirurgo, perciò ancora più infelice quando deve spiegarmi la morte. Povero Diego, è il mio martire. Sì, ci ho pensato, ma deve venirmi ancora l’idea brillante, quella che fa la differenza.

DOM: Ho sempre pensato che le donne che si cimentano con l’horror hanno un “nonsoche” in più rispetto ai colleghi maschietti, a tal punto che qualche tempo fa organizzai per questo sito un concorso letterario a cui potevano accedere solo scrittrici donne. Si intitolava “PauROSAmente Donna”. Tra l’altro, i miei scrittori preferiti non si chiamano King o Barker ma Anne Rice e Chiara Palazzolo...Donna e Paura sono un ottimo connubio, ho torto?

Simonetta: No, hai perfettamente ragione. Il fatto è che dalle donne in genere ci si aspettano sorrisi e bimbi, fiocchetti e cuoricini, e non immagini orrorifiche. Del resto, la prima cosa che mi chiedono quando sentono che scrivo horror è “ma come fai?” Noi donne vi spaventiamo il doppio, perché quelle stesse macabre fantasie potrebbe avercele pure vostra moglie, proprio quella che vi dorme affianco…

DOM: Come sta andando Donne in Noir come vendite?

Simonetta: Abbastanza bene, come opera prima. Il problema è uno solo: non si trova in tutte le librerie ma solo in quelle convenzionate con la casa editrice o quelle che ne hanno fatto richiesta. Però si può acquistare senza problemi su Internet: su InternetBookShop (IBS) o al sito della casa editrice (
www.ilfoglioletterario.it). Il problema della distribuzione è quello che grava sulle case editrici minori, ma acquistando ogni tanto i loro libri anziché i soliti best-seller diamo la possibilità ad altre voci di venire fuori dal coro. Chiariamo: pubblicare con un editore minore non significa qualità inferiore. Io compro tanti libri di esordienti e raramente resto delusa.

DOM: Programmi futuri?

Simonetta: Sto finendo quello che dovrebbe essere il mio primo romanzo, un horror ambientato in un paesino della Sicilia. Con grande sforzo, perché io amo i racconti, ne ho ormai metabolizzato tecnica e linguaggio ma scrivere un romanzo è tutta un’altra cosa. Però sapessi, quando proponevo Donne in Noir, quante case editrici mi hanno risposto “Non pubblichiamo racconti ma ci sottoponga un romanzo che volentieri lo valuteremo”. Ora, al di là dell’utopistica realtà dell’affermazione, dico io: vi lamentate perché in Italia si legge poco e poi mettete alla gogna i racconti in favore di certi mattoni di seicento pagine che solo un vero lettore può sciropparsi… Ragionamenti incomprensibili.

DOM: A dicembre scade un concorso letterario horror che, secondo me, come tradizione non ha nulla da invidiare al Premio Lovecraft: il Premio Narrativa GHoST. Ci sarò anch’io e un sacco di “brutta gente del giro”. Dobbiamo prepararci a fronteggiare anche te?

Simonetta: E chi lo sa? Sai, io prima ho scritto Quel Giorno sul Vesuvio, poi ho detto: Uau, questo sì! E allora l’ho iscritto al Lovecraft. Se dovessi dire un altro Uau! se ne può parlare.

DOM: Simonoir, grazie per averci concesso questa intervista. Ti abbraccio e aspetto con ansia di incontrarti l’anno prossimo, quando metteremo in atto la “conquista di Milano” che sai...

Simonetta: Non vedo l’ora! Tu e io, a braccetto, a conquistare a colpi di pagine horror il Grande Nord. Ma, mi raccomando, attento al tuo braccio…

lunedì 18 dicembre 2006

Intervista: Chiara Palazzolo



(DOM): chi è Chiara Palazzolo?
(Chiara Palazzolo): Una a cui piace raccontare delle storie.
(DOM): hai pubblicato "Non mi uccidere" con una grande casa editrice, la Piemme. Dunque non è vero che i grandi editori snobbano il genere horror?
(Palazzolo): Nel mio caso non è stato così. Credo comunque che rispetto a qualche anno fa, la situazione editoriale sia cambiata. Non esistono più barriere rigide tra mainstream e genere. Sempre più autori italiani si dedicano al giallo, all'horror, alla fantascienza. Con esiti letterari di tutto rispetto. Molto ha contato, nello sdoganamento dei generi, la risposta positiva dei lettori. Ma anche il consenso dei giovani critici letterari, cresciuti con James Ellroy e Stephen King sul comodino…
(DOM): Mirta, personaggio principale del tuo romanzo, ha caratteristiche molto particolari: raccontaci la sua genesi…
(Palazzolo): Mirta ha avuto una genesi fulminea. E' nata in un lampo, non c'è stato nulla di preordinato. Una sera d'estate, mentre ascoltavo una compilation di vecchi successi di Cat Stevens, Mirta è "apparsa". Con una storia da raccontare. Una storia terribile fatta d'amore, di morte, di rabbia. E di paura. Certo, era una storia dark. E io l'avrei raccontata. Era questo che Mirta voleva da me.
(DOM): la tua scrittura è fresca, il ritmo veloce, la narrazione non dà scampo. È Palazzolo-style! Eppure certe cose, l'uso della punteggiatura a dir poco singolare, ad esempio, ricordano la scrittura di Isabella Santacroce (una che afferma che la scrittura, in quanto forma d'arte, non va imprigionata in sterili e rigide regole grammaticali)…
(Palazzolo): Il modo in cui scrivi una storia è importante quanto la storia stessa. La mia scrittura, come quella della Santacroce e di altri, vuole essere anche laboratorio, sperimentazione. Avere abbattuto il confine tra mainstream e genere non significa niente se non trovi un linguaggio nuovo, capace di rischiare. Di fare romanzo in modo inedito, originale.
(DOM): Io sono pienamente d'accordo con te, perché ritengo che è proprio grazie a questo modo di pensare che la letteratura ha modo di evolversi. Tuttavia, spesso viene richiesta all'autore esordiente una perfetta adesione a rigidi schemi sintattico/grammaticali. Vi sono alcuni importanti concorsi letterari in cui un elaborato può essere scartato se presenta qualche "d" eufonica di troppo. Forse la sperimentazione è un lusso concesso solo agli autori già affermati? O è una questione di ottica, più o meno lungimirante, da parte delle case editrici?
(Palazzolo): Guarda Dom, convincere una casa editrice a pubblicare i propri testi è molto complicato. Lo dico proprio per sgombrare il campo dagli equivoci. Pubblicare, oggi, è difficilissimo. Soprattutto pubblicare per la prima volta. Esistono migliaia di aspiranti scrittori in Italia. E sono ottimista… alcune grosse case editrici parlano di decine di migliaia! Quindi non ci sono regole, non c'è niente. Tuttavia, se proprio devo essere sincera, io credo che presentare in prima battuta un testo non troppo "spericolato" possa costituire una sorta di garanzia minima.
(DOM): il finale del romanzo potrebbe dare origine ad almeno altri dieci seguiti diversi contemporaneamente…
(Palazzolo): E' come per la vita, no? Domani può succedere di tutto. Eppure, tra le mille possibilità che ti si prospettano, ne succederà una sola. Quella reale. Quella che ti aspetta, uscendo di casa. Sarà così anche per le future avventure di Mirta nel mondo dei sopramorti. Ancora un po' di pazienza…
(DOM): "Non mi uccidere" potrebbe diventare un grande film, non credi?
(Palazzolo): Grazie dell'augurio. Sarebbe bellissimo veder muovere sul grande schermo i personaggi e le situazioni a cui si è data vita.
(DOM): negli ambienti letterari si vocifera che un certo autore noir di grande successo commerciale (ex comico da Drive In, ex cantante a San Remo), all'epoca della stesura del suo primo romanzo (dal titolo vagamente simile al tuo ultimo…), si sia fatto aiutare dal grande Jeffery Deaver.Chiara Palazzolo l'ha aiutata qualcuno? Magari Anne Rice? Siete amiche? (mi allontano, Chiara ha impugnato un pesante posacenere di vetro e sta prendendo la mira…)
(Palazzolo): No, non sono amica della Rice. Piuttosto, sono stata una sua ammiratrice. Mi piacciono le sue storie. Un po' meno il suo stile, che trovo troppo tradizionale. Un po' ridondante. Ma la Rice ha talento, bisogna riconoscerlo. E' stato il suo "Intervista col vampiro" a rilanciare, svecchiandolo, il tema dei non-morti. E' stata lei ad aprire la strada.
(DOM): hai mai scritto racconti?
(Palazzolo): Sì, certo, come tutti. Se non cominci con i racconti, non riuscirai mai a costruire un romanzo. Io ho pubblicato dei racconti su "Paese sera", sull' "Unità". Ed è stato proprio un premio per il racconto a lanciarmi. Il Premio Teramo per l'inedito. Fu Carlo Bo, all'epoca presidente della giuria, a volermi vincitrice. E da lì è cominciata la mia avventura letteraria.
(DOM): quando hai pubblicato per la prima volta qualcosa di tuo, e con quale editore?
(Palazzolo): Il mio romanzo d'esordio, "La casa della festa", è stato pubblicato nel 2000 da Marsilio. Racconta di una riunione tra amici che lascia progressivamente intravedere imprevisti squarci soprannaturali. Nel 2003, invece, ho pubblicato "I bambini sono tornati", per la Piemme. Una storia "nera" che ruota intorno alle visite di due bambini morti alla loro mamma. Il romanzo è piaciuto molto. Tanto da essere selezionato per il Premio Strega 2003. Ed è di prossima uscita in Germania, per la Bertelsmann.
(DOM): ti è mai stato chiesto un contributo per pubblicare?
(Palazzolo): No, mai. E comunque, non avrei accettato. Meglio diffidare delle case editrici a pagamento. Anche perché in genere non hanno poi una distribuzione adeguata. Ed è perfettamente inutile pubblicare un libro se poi non è presente in libreria. A che serve? Solo a dare l'illusione di pubblicare.
(DOM): se tu fossi un'autrice esordiente, parteciperesti a concorsi letterari a pagamento?
(Palazzolo): Idem come sopra. Non l'ho mai fatto e lo sconsiglio.
(DOM): romanzo preferito?
(Palazzolo): Non è facile indicarne uno solo. Ma se proprio devo scegliere… "Il giro di vite" di Henry James. Un romanzo di poco meno di duecento pagine che ha rifondato il gotico moderno. Un inquietante capolavoro.
(DOM): autore/autrice preferiti?
(Palazzolo): Per quanto riguarda i classici, adoro le sorelle Bronte, Emily e Charlotte. Le loro favole nere sono geniali. E Virginia Woolf, la "grande madre" di tutte le scrittrici di oggi. Per il resto, c'è solo l'imbarazzo della scelta. Direi comunque Don DeLillo. Romanzi come "Rumore bianco" o "Libra" sono di una modernità sconcertante. Inoltre, tre "grandi" che considero basilari per la mia formazione dark. Cornell Woolrich, il poeta delle tenebre. Philip K.Dick, uno scrittore enorme, visionario, apocalittico. E Derek Raymond: "Il mio nome era Dora Suarez" è per stomaci forti ma… indimenticabile.
(DOM): riesci a vivere di sola scrittura? È vero che hai una villa alle Seychelles e una corte di schiavi sopramorti?
(Palazzolo): Ssst… non farti sentire da "loro". Odiano essere nominati. Sono avvolti dietro veli molto spessi… vivono nel buio e nel segreto… non farmi dire di più, non potrei…
(DOM): hai scelto, come teatro principale degli avvenimenti del tuo romanzo, un luogo pervaso di spiritualità come il monte Subasio, in Umbria. Perché?
(Palazzolo): L'Umbria, e soprattutto la zona del Subasio, è una terra evocativa, ricca di suggestioni segrete. Ci sono dei luoghi che hanno molta energia. Basta riuscire a captare questa forza nascosta per dare vita a una nuova storia.
(DOM): che consiglio daresti a uno scrittore horror esordiente?
(Palazzolo): A monte di tutto, prima ancora di mettersi a scrivere, di leggere. Non c'è altro modo di formarsi un gusto, uno stile. Di trovare la propria via alla scrittura, insomma. E poi, quando tutto questo si catalizza in un romanzo, o in una raccolta di racconti… provarci. Con le agenzie letterarie, con le case editrici, con i concorsi per gli inediti, con le riviste online. Più fai girare le tue cose, più possibilità hai di essere "scovato". So che non è facile per nessuno. Non esistono ricette "preconfezionate". Il consiglio che mi sento di dare, comunque, è di scrivere "a modo proprio". Vale a dire, di trovare un'urgenza. Qualcosa che vuoi assolutamente raccontare. Che "devi" raccontare. Se non hai questa urgenza, non ce la fai a sopportare le attese, i rifiuti, la gavetta insomma. Scrivere non è un hobby del tempo libero. E' una cosa necessaria.
(DOM): titolo e copertina del romanzo li hai scelti tu o ti sono stati imposti dalla casa editrice?
(Palazzolo): Sono frutto di un brain storming collettivo. Ne abbiamo discusso insieme, come avviene sempre in questi casi.
(DOM): nel romanzo dimostri una vasta conoscenza del gergo e dei modi di vivere dei tossicodipendenti. Documentazione approfondita o esperienze dirette?
(Palazzolo): Adesso ti svelo un segreto, Dom, che fa parte degli… attrezzi del mestiere: uno scrittore deve scrivere della vita altrui come fosse la propria, e della propria come fosse quella degli altri. Quello che voglio dire è che lo scrittore è uno che confonde le acque. Che rimesta insieme verità e menzogna, documentazione ed esperienza, realtà e leggenda fino a sovrapporle in un groviglio inestricabile. Pensa a Graham Greene, un uomo enigmatico, di cui è difficile tracciare perfino una biografia. O a Fernando Pessoa, che aveva una ventina di pseudonimi e chissà quale identità…
Fonte: www.ilcancello.com

Intervista: Isabella Santacroce


Scrittrice Orribile...

Intervista al vetriolo a Isabella Santacroce

(Domenico Nigro): Vergine pornodiva dell'alfabeto, così ti sei definita. Perché?
(Isabella Santacroce): Non ricordo di essermi definita così, preferisco siano gli altri a definirmi, non amo definirmi.
(DOM): La tua scrittura apparentemente non ha regole, è una mina antiuomo che esplode schegge di violenza e lirismo, sete d'amore e bisogno di fare e farsi male, gocce di passionalità e neurolettici. Da cosa deriva tutto ciò?
(Isabella): La scrittura non deve avere regole. Perché dovrebbe avere regole? Mi viene la nausea pensandoci, vedo la matematica, numeri da mettere in ordine. Scrivo con la pistola puntata alla tempia. Mangio le caramelle alla fragola, picchio farfalle, uccido scoiattoli.
(DOM): "Destroy" è, a detta di molti, troppo avanti nell'evoluzione della letteratura. Indigesto, serve un gastroprotettore per assimilarlo senza farsi venire l'ulcera…
(Isabella): Oddio addirittura troppo avanti, un libro da luna, da viaggio nel tempo, da ulcera, da prendersi gli psicofarmaci prima di leggerlo. Consiglio la lettura di Luminal solo in presenza di una guardia del corpo, della tua mamma, di lassativi, di una lama per tagliarsi le vene dei polsi. Leggilo dentro la vasca, mentre ti lavi le orecchie. Infilatelo dentro la bocca, succhialo. State attenti, Destroy è una mazza da baseball, potrebbe farvi saltare la testa.
(DOM): "Luminal" consacra Isabella Santacroce come l'autrice-shock dell'attuale panorama letterario italiano. Uno schiaffone in piena faccia ai benpensanti. Eri consapevole di questo quando l'hai scritto? Era quello che volevi?
(Isabella): Non sono mai consapevole, la consapevolezza è una forma geometrica che crolla se soffi, preferisco l'inconsapevolezza, il detersivo al limone per piatti.
(DOM): Ti senti una scrittrice horror?
(Isabella): Mi sento una scrittrice orribile, deforme. In maggio uscirà un mio racconto horror, il titolo è Dark demonia, è la storia di una ragazza deforme, vive nel ottagonale castello dei mostri. Le illustrazioni sono di Talexi, giovane illustratore che ha già curato la copertina del mio libro Revolver, i suoi lavori sono fantastici, violenti, amo i suoi mostri, lui li disegna. Ho molti libri con foto di freaks, mi affascinano.
(DOM): Ti piacerebbe fare l'esperienza di lavorare in un film porno extreme?
(Isabella): Si però con Margaret Mazzantini.
(DOM): "Lovers" ha deluso un po' le aspettative di chi si aspettava il degno seguito di "Luminal". Qualcuno l'ha considerato un esercizio di scrittura fine a se stesso, inutile ed egocentrico, di una scrittrice che forse ha già esaurito quanto aveva da dire. Cosa rispondi?
(Isabella): Non sapevo avesse deluso, è il libro preferito di molti miei lettori, certamente diverso da Luminal, e diverso da Revolver. Non ho esaurito me stessa, accadrà ma con la mia morte, quando sarò cadavere non avrò altro da aggiungere.
(DOM): Che cos'è il "Nevroromanticismo"?
(Isabella): Non lo so.
(DOM): Come è nata la collaborazione con Gianna Nannini per la colonna sonora del film "Momo…"? Semplice operazione commerciale o cosa?
(Isabella): Oddio ora pure la semplice operazione commerciale e poi? Magari chiedimi anche se la mia immagine è stata costruita a tavolino, domanda che adoro e che spesso mi fanno.
(DOM): In Rete c'è un vasto movimento underground di autori horror esordienti. Molte donne, tra l'altro. Ti è mai capitato di bazzicare in siti come il nostro e leggere qualcosa? Che idea ti sei fatta?
(Isabella): Non ho mai letto niente, non riesco a leggere in rete, guardo solo le immagini.
(DOM): A cosa stai lavorando attualmente?
(Isabella): Al nuovo libro.
(DOM): Una dedica per gli utenti di The Gate/Il Cancello…
(Isabella): Buon natale e felice anno nuovo e tanti auguri a te.
(DOM): Grazie, Isabella. E in bocca al lupo per la tua carriera…
Fonte: www.ilcancello.com

domenica 17 dicembre 2006

Benvenuti a Ca' delle Ombre, dove si discute di letteratura horror...



Benvenuti nella mia umile dimora! Mi chiamo
Domenico Nigro e da quattro anni bazzico i vari siti "di genere" disseminati nella Rete. Adoro la letteratura horror, e il mio hobby principale è quello di scrivere racconti, spesso con discreto successo, visto che molte mie cosine sono state pubblicate. Ho appena finito di scrivere il mio primo romanzo, attualmente in cerca di un editore disposto a investirci sopra qualche Euro...


Sono stato responsabile, per circa tre anni, della Sezione Letteratura del portale The Gate/Il Cancello ( http://lnx.ilcancello.com/ ) e attualmente sono redattore del network La Tela Nera ( http://www.latelanera.com/ ) e della rivista cartacea ad esso collegata "Necro", da febbraio 2007 distribuita nelle migliori fumetterie d'Italia.


Ho collaborato con alcuni dei più importanti "guru" dell'horror in Rete: Alessio Valsecchi, Elvezio Sciallis (Tela Nera), Enea Barbetta (HorrorMagazine), Anthony Coia (The Gate), Matteo Poropat (Memorie dal Buio), Marco Zolin (Ferrara Edizioni), tanto per citarne qualcuno.


Con il Maestro Dardano Sacchetti, mitico sceneggiatore del cinema horror italiano anni '70/'80 ho tenuto un corso di sceneggiatura on line sul sito Il Cancello.


Sono stato giurato (e ho organizzato a mia volta) a importanti concorsi letterari di genere. Ho scritto articoli su fanzine cartacee come "Memorie dal Buio" e "The Arkham Gazette.


Sono anche il responsabile di una Compagnia d'Arte Horror che ha sede a Milano e un blog informativo ( http://arsnocturna.blog.excite.it/ ) dotato di forum di discussione ( http://arsnocturna.forumfree.net/ ).


Questo blog nasce dall'esigenza di raccogliere tutto il materiale scritto in quattro anni di attività in Rete: recensioni, interviste etc. Spero che troviate quanto andrò man mano pubblicando qui, interessante, stuzzicante e piacevole.


Sono disponibile a ogni tipo di collaborazione editoriale, per qualsiasi cosa scrivetemi all'indirizzo e-mail che trovate nel mio profilo.


Buona lettura...




Domenico "DOM" Nigro