lunedì 18 dicembre 2006

Intervista: Chiara Palazzolo



(DOM): chi è Chiara Palazzolo?
(Chiara Palazzolo): Una a cui piace raccontare delle storie.
(DOM): hai pubblicato "Non mi uccidere" con una grande casa editrice, la Piemme. Dunque non è vero che i grandi editori snobbano il genere horror?
(Palazzolo): Nel mio caso non è stato così. Credo comunque che rispetto a qualche anno fa, la situazione editoriale sia cambiata. Non esistono più barriere rigide tra mainstream e genere. Sempre più autori italiani si dedicano al giallo, all'horror, alla fantascienza. Con esiti letterari di tutto rispetto. Molto ha contato, nello sdoganamento dei generi, la risposta positiva dei lettori. Ma anche il consenso dei giovani critici letterari, cresciuti con James Ellroy e Stephen King sul comodino…
(DOM): Mirta, personaggio principale del tuo romanzo, ha caratteristiche molto particolari: raccontaci la sua genesi…
(Palazzolo): Mirta ha avuto una genesi fulminea. E' nata in un lampo, non c'è stato nulla di preordinato. Una sera d'estate, mentre ascoltavo una compilation di vecchi successi di Cat Stevens, Mirta è "apparsa". Con una storia da raccontare. Una storia terribile fatta d'amore, di morte, di rabbia. E di paura. Certo, era una storia dark. E io l'avrei raccontata. Era questo che Mirta voleva da me.
(DOM): la tua scrittura è fresca, il ritmo veloce, la narrazione non dà scampo. È Palazzolo-style! Eppure certe cose, l'uso della punteggiatura a dir poco singolare, ad esempio, ricordano la scrittura di Isabella Santacroce (una che afferma che la scrittura, in quanto forma d'arte, non va imprigionata in sterili e rigide regole grammaticali)…
(Palazzolo): Il modo in cui scrivi una storia è importante quanto la storia stessa. La mia scrittura, come quella della Santacroce e di altri, vuole essere anche laboratorio, sperimentazione. Avere abbattuto il confine tra mainstream e genere non significa niente se non trovi un linguaggio nuovo, capace di rischiare. Di fare romanzo in modo inedito, originale.
(DOM): Io sono pienamente d'accordo con te, perché ritengo che è proprio grazie a questo modo di pensare che la letteratura ha modo di evolversi. Tuttavia, spesso viene richiesta all'autore esordiente una perfetta adesione a rigidi schemi sintattico/grammaticali. Vi sono alcuni importanti concorsi letterari in cui un elaborato può essere scartato se presenta qualche "d" eufonica di troppo. Forse la sperimentazione è un lusso concesso solo agli autori già affermati? O è una questione di ottica, più o meno lungimirante, da parte delle case editrici?
(Palazzolo): Guarda Dom, convincere una casa editrice a pubblicare i propri testi è molto complicato. Lo dico proprio per sgombrare il campo dagli equivoci. Pubblicare, oggi, è difficilissimo. Soprattutto pubblicare per la prima volta. Esistono migliaia di aspiranti scrittori in Italia. E sono ottimista… alcune grosse case editrici parlano di decine di migliaia! Quindi non ci sono regole, non c'è niente. Tuttavia, se proprio devo essere sincera, io credo che presentare in prima battuta un testo non troppo "spericolato" possa costituire una sorta di garanzia minima.
(DOM): il finale del romanzo potrebbe dare origine ad almeno altri dieci seguiti diversi contemporaneamente…
(Palazzolo): E' come per la vita, no? Domani può succedere di tutto. Eppure, tra le mille possibilità che ti si prospettano, ne succederà una sola. Quella reale. Quella che ti aspetta, uscendo di casa. Sarà così anche per le future avventure di Mirta nel mondo dei sopramorti. Ancora un po' di pazienza…
(DOM): "Non mi uccidere" potrebbe diventare un grande film, non credi?
(Palazzolo): Grazie dell'augurio. Sarebbe bellissimo veder muovere sul grande schermo i personaggi e le situazioni a cui si è data vita.
(DOM): negli ambienti letterari si vocifera che un certo autore noir di grande successo commerciale (ex comico da Drive In, ex cantante a San Remo), all'epoca della stesura del suo primo romanzo (dal titolo vagamente simile al tuo ultimo…), si sia fatto aiutare dal grande Jeffery Deaver.Chiara Palazzolo l'ha aiutata qualcuno? Magari Anne Rice? Siete amiche? (mi allontano, Chiara ha impugnato un pesante posacenere di vetro e sta prendendo la mira…)
(Palazzolo): No, non sono amica della Rice. Piuttosto, sono stata una sua ammiratrice. Mi piacciono le sue storie. Un po' meno il suo stile, che trovo troppo tradizionale. Un po' ridondante. Ma la Rice ha talento, bisogna riconoscerlo. E' stato il suo "Intervista col vampiro" a rilanciare, svecchiandolo, il tema dei non-morti. E' stata lei ad aprire la strada.
(DOM): hai mai scritto racconti?
(Palazzolo): Sì, certo, come tutti. Se non cominci con i racconti, non riuscirai mai a costruire un romanzo. Io ho pubblicato dei racconti su "Paese sera", sull' "Unità". Ed è stato proprio un premio per il racconto a lanciarmi. Il Premio Teramo per l'inedito. Fu Carlo Bo, all'epoca presidente della giuria, a volermi vincitrice. E da lì è cominciata la mia avventura letteraria.
(DOM): quando hai pubblicato per la prima volta qualcosa di tuo, e con quale editore?
(Palazzolo): Il mio romanzo d'esordio, "La casa della festa", è stato pubblicato nel 2000 da Marsilio. Racconta di una riunione tra amici che lascia progressivamente intravedere imprevisti squarci soprannaturali. Nel 2003, invece, ho pubblicato "I bambini sono tornati", per la Piemme. Una storia "nera" che ruota intorno alle visite di due bambini morti alla loro mamma. Il romanzo è piaciuto molto. Tanto da essere selezionato per il Premio Strega 2003. Ed è di prossima uscita in Germania, per la Bertelsmann.
(DOM): ti è mai stato chiesto un contributo per pubblicare?
(Palazzolo): No, mai. E comunque, non avrei accettato. Meglio diffidare delle case editrici a pagamento. Anche perché in genere non hanno poi una distribuzione adeguata. Ed è perfettamente inutile pubblicare un libro se poi non è presente in libreria. A che serve? Solo a dare l'illusione di pubblicare.
(DOM): se tu fossi un'autrice esordiente, parteciperesti a concorsi letterari a pagamento?
(Palazzolo): Idem come sopra. Non l'ho mai fatto e lo sconsiglio.
(DOM): romanzo preferito?
(Palazzolo): Non è facile indicarne uno solo. Ma se proprio devo scegliere… "Il giro di vite" di Henry James. Un romanzo di poco meno di duecento pagine che ha rifondato il gotico moderno. Un inquietante capolavoro.
(DOM): autore/autrice preferiti?
(Palazzolo): Per quanto riguarda i classici, adoro le sorelle Bronte, Emily e Charlotte. Le loro favole nere sono geniali. E Virginia Woolf, la "grande madre" di tutte le scrittrici di oggi. Per il resto, c'è solo l'imbarazzo della scelta. Direi comunque Don DeLillo. Romanzi come "Rumore bianco" o "Libra" sono di una modernità sconcertante. Inoltre, tre "grandi" che considero basilari per la mia formazione dark. Cornell Woolrich, il poeta delle tenebre. Philip K.Dick, uno scrittore enorme, visionario, apocalittico. E Derek Raymond: "Il mio nome era Dora Suarez" è per stomaci forti ma… indimenticabile.
(DOM): riesci a vivere di sola scrittura? È vero che hai una villa alle Seychelles e una corte di schiavi sopramorti?
(Palazzolo): Ssst… non farti sentire da "loro". Odiano essere nominati. Sono avvolti dietro veli molto spessi… vivono nel buio e nel segreto… non farmi dire di più, non potrei…
(DOM): hai scelto, come teatro principale degli avvenimenti del tuo romanzo, un luogo pervaso di spiritualità come il monte Subasio, in Umbria. Perché?
(Palazzolo): L'Umbria, e soprattutto la zona del Subasio, è una terra evocativa, ricca di suggestioni segrete. Ci sono dei luoghi che hanno molta energia. Basta riuscire a captare questa forza nascosta per dare vita a una nuova storia.
(DOM): che consiglio daresti a uno scrittore horror esordiente?
(Palazzolo): A monte di tutto, prima ancora di mettersi a scrivere, di leggere. Non c'è altro modo di formarsi un gusto, uno stile. Di trovare la propria via alla scrittura, insomma. E poi, quando tutto questo si catalizza in un romanzo, o in una raccolta di racconti… provarci. Con le agenzie letterarie, con le case editrici, con i concorsi per gli inediti, con le riviste online. Più fai girare le tue cose, più possibilità hai di essere "scovato". So che non è facile per nessuno. Non esistono ricette "preconfezionate". Il consiglio che mi sento di dare, comunque, è di scrivere "a modo proprio". Vale a dire, di trovare un'urgenza. Qualcosa che vuoi assolutamente raccontare. Che "devi" raccontare. Se non hai questa urgenza, non ce la fai a sopportare le attese, i rifiuti, la gavetta insomma. Scrivere non è un hobby del tempo libero. E' una cosa necessaria.
(DOM): titolo e copertina del romanzo li hai scelti tu o ti sono stati imposti dalla casa editrice?
(Palazzolo): Sono frutto di un brain storming collettivo. Ne abbiamo discusso insieme, come avviene sempre in questi casi.
(DOM): nel romanzo dimostri una vasta conoscenza del gergo e dei modi di vivere dei tossicodipendenti. Documentazione approfondita o esperienze dirette?
(Palazzolo): Adesso ti svelo un segreto, Dom, che fa parte degli… attrezzi del mestiere: uno scrittore deve scrivere della vita altrui come fosse la propria, e della propria come fosse quella degli altri. Quello che voglio dire è che lo scrittore è uno che confonde le acque. Che rimesta insieme verità e menzogna, documentazione ed esperienza, realtà e leggenda fino a sovrapporle in un groviglio inestricabile. Pensa a Graham Greene, un uomo enigmatico, di cui è difficile tracciare perfino una biografia. O a Fernando Pessoa, che aveva una ventina di pseudonimi e chissà quale identità…
Fonte: www.ilcancello.com

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