lunedì 18 maggio 2009

Intervista a Claudio Vergnani, autore de "Il 18° Vampiro"


CdO: Ciao Claudio. Dunque, una storia atipica. Un esordiente assoluto, di cui non si sapeva assolutamente nulla, neanche di uno straccio di racconto pubblicato su internet... E all’improvviso, eccoti con un signor romanzo horror pubblicato nientemeno che con Gargoyle Books, una Casa notoriamente ostica per gli autori italiani (fatta eccezione, finora, per Manfredi e Dimitri...)
Com’è che sono andate le cose?

CV: Il 18° vampiro non è il mio primo racconto, ma è di fatto il primo che ho proposto per la pubblicazione. La casa editrice Gargoyle è stata la prima cui ho inviato il file. Non casualmente. La conoscevo e ne apprezzavo vari aspetti. Da lettore, essenzialmente la scelta dei titoli, la cura nella grafica, le scelte editoriali ... ed ero “in linea” con ciò che avevo letto nelle interviste all’editore, il dottor Paolo De Crescenzo.
Ho inviato il romanzo e questo ha suscitato l’interesse dell’editore. Sic et simpliciter. Direi che sono stato fortunato.

CdO: Che background letterario hai alle spalle? E qual è il tuo rapporto con la letteratura horror in generale?

CV: Dacché ho imparato a leggere (la leggenda – poco attendibile – sostiene a quattro anni) ho sempre letto di tutto, senza pregiudizi. Scolasticamente parlando, la frequentazione del Liceo Classico mi ha condotto sulla via dei cosiddetti classici, ma al di fuori delle mura scolastiche c’era un mondo da scoprire. Per cui ad un Tacito seguiva uno Zagor, ad un Manzoni un Diabolik, ad un Omero un Asimov, ad un Tolstoj un Ballard, ad uno Shakespeare un Uomo Ragno (e – lo ammetto un Supersex) e così via ...
Con l’horror ho avuto da subito un buon rapporto. Mi sono letto senza battere ciglio i miei bravi Poe, Lovecraft, Bierce (e Kafka oso dire), e caterve (letteralmente) di Urania (è da un vecchio Urania, dopotutto, che ho tratto il personaggio di Grimjank) , passando inevitabilmente per i vari Stoker, Shelley, Le Fanu, Tarchetti, Hoffmann, Meyrink, James, Hodgson , Dickson Carr ... e D’Agata, con il suo indimenticabile Il Segno del Comando, ecc... ecc ... Paradossalmente (vergognosamente ?) ho letto il mio primo King solo dopo aver scritto Il 18° vampiro. Ma erano già altri tempi, ed io una persona differente.

CdO: Cosa pensi della new wave horror italiana (Gianfranco Nerozzi, Chiara Palazzolo, Danilo Arona, Gianfranco Manfredi, Alessandro Montanini...)?

CV: Mi piace quel che ho letto di Arona (e anche di Dimitri) e ho molto apprezzato “Ultimi vampiri” di Manfredi (che so di prossima pubblicazione proprio da Gargoyle). Purtroppo non conosco gli altri, anche se qualche giorno fa, su Facebook, un lettore mi chiedeva se per scrivere il mio romanzo mi ero ispirato alla Palazzolo ... Inutile dire che colmerò la lacuna.

CdO: Con “Il 18° Vampiro” hai ridato dignità orrorifica alla figura del vampiro, e tuttavia hai stravolto i canoni classici della sua rappresentazione. Il “vecchio” che torna o il “nuovo” che nasce?

CV: Credo che molto spesso l’andamento delle “cose umane” – soprattutto quelle che perdurano - sia ciclico. La figura del Ritornante “perdura” per definizione e fa ormai parte della nostra storia. E’ assurto al rango di archetipo. In lui vecchio e nuovo giocano al rimando. Nel caso del mio romanzo spero che si possa dire che ho recuperato (non senza un certo affetto) vecchi aspetti portandoli oltre la soglia del nuovo. Questo almeno ho tentato di fare.

CdO: alla fine del tuo romanzo, un po’ di cose in sospeso lasciano l’amaro in bocca: qual’è l’origine dei vampiri? Cos’è successo all’autogrill? Qual è il reale significato dell’episodio veneziano, con la guida turistica/beccamorto e la misteriosa creatura avvinghiata alla statua sommersa? And other... Vuoi vedere che ci sono le premesse per un seguito...

CV: Il seguito è già in lavorazione. E tra l’altro ti dirò che – a torto o a ragione – sento anche una bella responsabilità nei confronti dei lettori che mi hanno così ben accolto. Ovvio che la parola dovrà inevitabilmente passare alle vendite, ma se ci saranno le dovute premesse per pubblicare la continuazione della storia, bè ... quest’ultima dovrà essere davvero all’altezza delle aspettative ...


CdO: Una delle figure più affascinanti del romanzo è quella di Vergy. A chi ti sei ispirato per costruirla? Oppure si tratta dell’incarnazione di una delle tue (immagino multiple...) personalità?

CV: Purtroppo mi sono ispirato a persone che esistono veramente :)
A due, per la verità, che nel romanzo ho “fuso” in una sola. Un mio ex commilitone di venticinque anni fa (io ero un militare di leva e lui si avviava ad essere invece un veterano di carriera) e un tizio strampalato che ho conosciuto quando tiravo di boxe come dilettante, ai tempi del liceo.


CdO: E l’”amica”, invece... Chi è in realtà? E perché il suo nome appare solo verso la fine?

CV: Anche qui la “colpa” di tutto è di Vergy. Nella stesura originale del romanzo quando si riferiva a lei continuava a chiedere al protagonista “... Come cazzo si chiama la tua amica? , non ricordo mai il suo nome ...!” La chiamava sempre “La tua amica ...”. E così è rimasto L’amica ...

CdO: La prima spedizione a Corsano è uno degli episodi più riusciti e coinvolgenti di tutto il romanzo. Tra l’altro Corsano esiste davvero, ma in Puglia, non in Emilia Romagna... E considerando che proprio in Puglia (a Trani, mi pare...) si è verificato, in un lontano passato, un episodio misterioso di possibile matrice vampirica, mi viene da pensare: pura fiction o non tutti i riferimenti sono propriamente casuali?

CV: Mi piacerebbe dirti che in effetti è così, ma ammetto di ignorare tale episodio (ovviamente andrò a documentarmi su internet). No, in verità Corsano è un piccolo omaggio al Carsano di Eraldo Baldini, sede di un suo bellissimo racconto, Re di Carnevale.

CdO: Perché proprio Modena come location principale della storia? Per tenere dietro alla regola “scrivi di ciò che sai” (tu vivi a Modena, no?) o ci sono motivazioni più profonde?

CV: Volevo – come modenese – provare a “vedere” a Modena qualcosa che non fossero solo e sempre lo zampone, i tortellini, la Ferrari e Pavarotti. Nel mio piccolo volevo provare a fare qualcosa che non era mai stato fatto (vampiri nella placida pianura padana, e quando mai ?!) , e vedere – umilmente – se poteva funzionare. Ma l’obiettivo – il vero goal - era fare in modo che un lettore – qualunque lettore in qualunque momento della sua vita – potesse trovare nel romanzo qualcosa di appetibile, sempre e comunque, al di là dei gusti, della sensibilità personali e dell’ambientazione della storia. Ancora una volta, quindi, il punto era scrivere una storia avvincente, e magari anche un pochino originale. E quella era solo la prima parte dell’opera. La seconda – egualmente importante – era trovare dei lettori aperti, attenti e “rodati”. Non era nè facile nè scontato, ma ora credo di poter dire che li ho trovati. Le due cose si sono quindi completate a vicenda. Come ho già detto, sono stato fortunato.

CdO: Claudio, l’intervista è finita. Ti ringraziamo per essere venuto fin qui, a Ca’ delle Ombre. Resta a cena con noi. Bruno e Susy stanno preparando una squisita cenetta... a base di carne di maiale... Può andar bene?

CV: Sono io che ringrazio voi, ci mancherebbe.
In quanto alla cena, non so ... mi tenta ... Ma posso pensarci un momento ? Ho delle sensazioni contrastanti. Da un lato la cosa mi attrae; ma dall’altro, se torno con la mente al romanzo, mi verrebbe da darmela a gambe ... E l’essere o meno vegetariani qui non c’entra niente ...

(intervista a cura di) Domenico Nigro

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